La Nuova Ferrara

Ferrara

L’ostacolo Cedacri sulla strada vicentina

L’ostacolo Cedacri sulla strada vicentina

L’eventuale integrazione tra la Cassa di risparmio e Bpvi comporta una rivoluzione informatica da molti milioni di euro

27 giugno 2014
2 MINUTI DI LETTURA





C’è un ostacolo alla eventuale cessione e successiva integrazione di Carife alla Banca Popolare di Vicenza. Sta a Collecchio, provincia di Parma, e si chiama Cedacri. La società di servizi informatici nata proprio dalle casse di risparmio del territorio, è il partner tecnologico di corso Giovecca, e il legame consolidato negli anni non è tanto semplice da spezzare. Non sarà, soprattutto, per nulla economico, visto che il contratto firmato dal commissario Bruno Inzitari, prima sue dimissioni e relativa sostituzione, prevede il prolungamento del servizio fino al 2017, allungando così anche le scadenze dei pagamenti da parte della banca. Il sistema Cedacri è incompatibile con quello Popvicenza, le due banche non potrebbero lavorare assieme senza un’armonizzazione informatica, quindi il pezzo Carife dovrebbe uscire da Cedacri. «Come si può effettuare una simile operazione? In due modi - chiarisce Sergio Cesare Capatti, presidente di Cedacri ed ex amministratore Carife - Bisogna pagare una quota importante, diciamo il 10%, degli investimenti effettuati dalla società per svolgere i servizi che non verranno più erogati (per dire, abbiamo da poco siglato un accordo con Ibm che vale 100 milioni di euro in tre anni). Oppure, si può versare una penale che copra in parte gli anni di contratto non onorati: è questa la strada che di solito di sceglie, ci sono stati diversi casi di questo tipo». Sulla consistenza della penale Capatti sta sul vago, «si tratta di una cifra sicuramente importante ma che di per se non può condizionare l’esito di una trattativa come Bpvi-Carife. Il prezzo forse sì». Si parla comunque di parecchi milioni di euro, nell’ordine di una decina o anche oltre. Sull’altro piatto della bilancia c’è l’acquisizione della quota Cedacri in pancia a Ferrara.

È chiaro che Popvicenza sta valutando anche questo, l’offerta non potrà non tenere conto di questi costi operativi, che siano o no esplicitati. Ed è altrettanto evidente che una banca già socia o quantomeno cliente Cedacri non avrebbe questo problema, in caso d’integrazione con Carife. La Cassa di Risparmio di Cento, ad esempio, è socia di Collecchio con la stessa quota dei ferraresi, 6,487% del capitale, e utilizza le medesime piattaforme informatiche. Anche Popolare dell’Emilia ha rapporti con Cedacri, anche se non così stretti come il sistema delle casse di risparmio, e potrebbe puntare a rispamiare qualcosa. E di Cedacri sono soci anche Banco di Desio e della Brianza, il Credito Emiliano, la Banca popolare di Bari e il gruppo Unipol. Di certo Cedacri non vede con entusiamo l’eventuali sfilarsi di un cliente-socio come Carife.

Dal punto di vista operativo, ovviamente, l’integrazione di due banche che operano su piattaforme diverse comporta un certo impegno, ma non può essere considerato un ostacolo in se. (s.c.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA