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Solvay e Cvm, nessuna colpa per le malattie degli operai

Michele Mantoan e Cipro Mazzoni, i due operai malati, parte civile al processo Solvay
Michele Mantoan e Cipro Mazzoni, i due operai malati, parte civile al processo Solvay

La Corte d'appello conferma l'assoluzione per la multinazionale belga accusata di aver esposto i lavoratori alla sostanza cancerogena prodotta nello stabilmento di via Marconi nei decenni passati

26 settembre 2014
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FERRARA. Era una assoluzione annunciata, perchè senza nuove prove - pur richieste da Legambiente e dalle parti civili - non era possibile stabilire un collegamento tra l’esposizione al Cvme le malattie degli operai di Solvay. E così è stata, visto che ieri pomeriggio, la terza sezione della Corte d'appello di Bologna (Maddalo, Indirli e Di Fiore) ha confermato la sentenza di primo grado di piena assoluzione (perchè il fatto non sussiste) per processo che vedeva sotto accusa per lesioni e omissioni dolose di protezioni nei luoghi di lavoro 6 ex manager della Solvay di Ferrara. Dopo 13 anni tra inchieste, perizie, dibattimento e la sentenza di primo grado (con la piena assoluzione dei 6 imputati) oggi i giudici hanno ribadito non esservi nessun nesso causale tra l'esposizione al Cvm, il cloruro vinil monomero, e le patologie di cui soffrono oggi due operai, parti civili nel processo (Michele Mantoan e Cipro Mazzoni), gli unici rimasti dopo che le posizioni di un centinaio di operai morti e malati erano state stralciate dal processo e archiviate per insussistenza dei reati. La procura generale aveva chiesto la condanna a 3 anni per tutti i sei ex manager (oggi ultraottantenni) per il reato di omissioni (non aver protetto gli operai) mentre aveva chiesto la prescrizione per le lesioni. L'accusa portata avanti in questi anni dalla procura di Ferrara (che ereditò da Venezia, dall'allora pm Felice Casson, il fascicolo stralciato per il petrolchimico di Ferrara) contestava a Solvay di non aver nel corso degli anni rispettato le norme di sicurezza e protezione negli ambienti in cui si lavorava il Cvm, il cloruro vinil monomero nello stabilimento di via Marconi che negli anni ’60 e ’70 dava lavoro a centinaia e centinaia di operai. Dopo la sentenza, Solvay - che era assistita dagli avvocati Dario Bolognesi, Luca Santa Maria e Roberto Fanari - tramite il proprio ufficio stampa, ha ribadito la propria solidarietà ai due ex dipendenti e affermato che «indipendentemente dalla vicenda umana che ha coinvolto due ex dipendenti, è giusto che siano state riconosciute le nostre aspettative; la Corte d'Appello di Bologna ha confermato l’assoluzione ed è ciò che Solvay ha sempre sostenuto: l'azienda ha operato nel rispetto delle leggi vigenti e si è sempre impegnata per la sicurezza e salvaguardia dei lavoratori». I legali di Solvay ricordano che «è stato riconosciuto che non c'è prova del nesso causale (un collegamento, ndr) fra l'esposizione al Cvm e la patologia tumorale di epatocarcinoma. Per quanto riguarda l'omissioni di cautele antinfortunistiche, Solvay ha sempre avuto atteggiamento diligente, in considerazione delle conoscenze tecniche e scientifiche dell'epoca». Infine, Solvay «non solo ha sempre operato nel rispetto delle leggi vigenti, ma ha addirittura promosso, con largo anticipo in Italia, misure di salvaguardia per i propri lavoratori: la Corte ha definitivamente riconosciuto l'operato diligente agli ex manager dell'azienda».