Voleva milioni, condannata alle spese
L’ex pm Guerra accusava il giornale di una campagna stampa diffamatoria e chiedeva non meno di 1.500.000 euro
La sentenza è arrivata nel giorno dell’anniversario della morte di Federico Aldrovandi, il 25 settembre: una sentenza che ‘assolve’ la Nuova Ferrara nella causa civile per danni attivata dall’ex pm Mariaemanuela Guerra contro il nostro giornale accusato di aver messo in atto, dal 2007 al 2010, una campagna stampa denigratoria e diffamatoria nei suoi confronti, a tal punto da chiedere come risarcimento danni una cifra non inferiore a 1 milione e mezzo di euro. Il giudice Maria Teresa Danieli del Tribunale civile di Ancona ha però rigettato la richiesta del magistrato «perchè infondata in fatto e in diritto». E ha condannato l’ex pm Guerra alle spese di lite, pari a 2500 euro. Sintetizzando la decisione, il giudice ha motivato il rigetto della richiesta dell’ex pm Guerra perchè la Nuova Ferrara, nell’arco di tempo dal 2007 al 2010 non inventò nessuna campagna stampa, anzi, scrivendo articoli e articoli sugli strascichi del caso Aldrovandi e della pm Guerra che ne seguì le prime indagini, ha esercitato «un diritto di cronaca e di critica (anche se a volte con toni accesi e polemici, ma sempre nei limiti)». E soprattutto, evidenzia lo stesso giudice nella sua sentenza di 8 pagine «gli articoli del giornale, per quanto numerosi, sono stati sempre pubblicati in concomitanza con avvenimenti specifici della vicenda, rimanendo ancorati ai fatti dei quali davano conto». Numerosi, perchè l’ex pm Guerra e i propri legali (gli avvocati Luigi Fuscia di Ancona e Mariagabriella Pennetta di Ferrara ) ne avevano elencati diverse decine, integrando le accuse anche con altri articoli pubblicati dopo, dal 2011 al 2012, tranche che non è stata nemmeno presa in considerazione dal giudice. Il giudice ha quindi analizzato nel dettaglio uno dopo l’altro gli articoli e ha ritenuto che non vi fosse nessun intento diffamatorio in essi. «La dottoressa Guerra - scrive il giudice - lamenta con il suo atto che la Nuova Ferrara abbia leso il suo buon nome». E così ricorda il giudice le polemiche di 9 anni di processi Aldrovandi: l’accusa di cattiva conduzione delle indagini sulla morte di Federico (confermata dalle sentenze, prima tra tutte quella di Mantova che assolse la madre di Federico, Patrizia Moretti); il parallelo tra il caso Aldrovandi e quello dei Bad Boys (il processo per spaccio di droga a carico del figlio della Guerra, di cui la Nuova fu la prima a scrivere e riferire, ndr) e infine, un fatto che non era mai stato divulgato: l’ex pm Guerra accusava la Nuova Ferrara di aver, con i propri articoli innescato, nei suoi confronti, la procedura amministrativa al Csm «al fine di denigrarla e delegittimarla». Il giudice smonta una dopo l’altra le accuse mosse dalla Guerra alla Nuova Ferrara. E sul procedimento aperto al Csm, per incompatibiltà ambientale, ricorda che «le motivazioni dell’apertura del procedimento davanti al Csm vanno ricercate nel clima di freddezza che si era instaurato all’interno della Procura ferrarese» tra la pm Guerra e i colleghi Proto e Di Benedetto, «in seguito agli eventi che videro protagonista il figlio della Guerra, indagato in un procedimento assegnato a Proto, ed alla richiesta della Guerra di poter visionare il fascicolo processuale, richiesta legittima e possibile, ma che mise in grande imbarazzo il pm Di Benedetto». Il giudice ricorda, citando il verbale dell’udienza, che il Csm si attivò solo per le tensioni tra magistrati, e che gli articoli fecero «da sfondo del dibattito». «Pertanto - motiva il giudice -, non è corretto assumere (come di fatto disse la Guerra nei suoi atti) una responsabilità del giornale nell’apertura del procedimento del Csm», perchè «non fu “il clima di ambientale diffidenza nei confronti del magistrato” generato dalla campagna stampa a determinare l’apertura al Csm», ma «un disagio istituzionale venutosi a creare in conseguenza del coinvolgimento del figlio della pm in un procedimento penale». (d.p.)