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In 1500 contro il Jobs Act «Una riforma-imbroglio»

In 1500 contro il Jobs Act «Una riforma-imbroglio»

Cgil, molti i ferraresi che parteciperanno sabato alla manifestazione a Roma Il segretario Atti: questo governo sul lavoro fa politiche di centrodestra

23 ottobre 2014
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Saranno circa millecinquecento i ferraresi che sabato saranno a Roma per la manifestazione indetta dalla Cgil con lo slogan “Lavoro, dignità, uguaglianza per cambiare l’Italia”.

Venticinque i pullman organizzati in provincia – dalla città partiranno all’una di notte dal parcheggio ex Mof – ma non mancherà chi arriverà nella capitale in treno. Nel mirino in particolare ci sono il Jobs Act e la legge di stabilità approvata dal governo.

«Stanno vendendo delle cose che non ci sono e facendo delle politiche anche di centrodestra, tanto che il leader di Forza Italia le rivendica come sue», dice il segretario della Camera del Lavoro Raffaele Atti.

Per la Cgil il problema fondamentale è il lavoro e per crearlo servono nuovi investimenti pubblici e privati, un cambiamento della politica economica «che è in continuità con i governi precedenti, aspettando una ripresa che non c’è», sostiene Atti.

Sulla legge delega per la riforma del mercato del lavoro lo scontro è acceso: «E’ un imbroglio perché non c’è una effettiva riunificazione e si parte da un luogo comune, quello che in Italia non si possa licenziare, cosa non vera». In questa ottica l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non va toccato, anche se nella piattaforma non viene citato, «ma anche nella legge delega non c’è e ciò potrebbe essere anticostituzionale», replica Atti.

La Cgil propone lo sfoltimento delle tipologie di contratto esistenti da 46 a 5, con il tempo indeterminato come forma comune e l’allungamento del periodo di prova fino a un massimo di tre anni.

Le tutele, anche cassa integrazione e indennità di disoccupazione, andrebbero estese a tutti, «mentre nel concreto i diritti esistenti vengono intaccati puntando a un risparmio di risorse».

Tornando alla manovra, ribadisce Atti, «a fronte di un trasferimento di soldi alle imprese, aumenta il rischio di tagliare i servizi: ben difficilmente i quattro miliardi dalle Regioni saranno ricavati senza toccare la sanità e per il fondo al trasporto pubblico locale il pericolo è l’azzeramento». Attenti anche al taglio ai patronati, conclude il sindacalista: «C’è un intento punitivo, i servizi offerti non potranno più essere gli stessi».

Fabio Terminali