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L’Idice è stato liberato dai tronchi

L’Idice è stato liberato dai tronchi

Campotto, si era formata una pericolosa diga nell’alveo. Chiuse anche alcune tane scavate nell’argine

23 ottobre 2014
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CAMPOTTO. La diga di legna che s’era formata all'interno del letto del torrente Idice, a Campotto, ora non c'è più. La Regione con un intervento in emergenza, ha fatto intervenire una potente escavatrice di una ditta di Forlì. Il manovratore ha lavorato per tutta la giornata di ieri riuscendo a sbrogliare per il 60-70 per cento della “matassa” di tronchi incastrati nel torrente. Una diga che rappresentava una vero pericolo e per questo motivo che si giustifica l’intervento in emergenza. Non solo, a rendere ancor più drammatica la situazione, a pochi metri da questa diga, sia sull’argine sinistro che su quello destro, sono state trovate delle grosse tane di volpi, istrice se non del tasso, di cui una ad appena due metri dalla sommità arginale.

«Liberato il letto del torrente dalla diga - tiene ad informare Ferdinando Petri, massimo responsabile del servizio tecnico di bacino del Reno in Regione - abbiamo disposto che l’escavatore intervenisse anche nelle tane vicine proprio per evitare quanto è già capitato nel modenese».

«Aggiungo - riprende l’architetto Petri con tono perentorio - che in futuro non tollereremo eventuali dimenticanze di chi, deputato allo sfalcio degli argini, abbandona le balle di fieno lasciandole quindi in balia delle piene. Di questo abbiamo già avvisato le forze dell’ordine».

Petri ha mille ragioni per parlare in questi termini vista la quantità di tronchi e balle di fieno che formavano la diga. Davvero una quantità impressionante di legname, e non tanto rami, quanto tronchi d’alberi d’alto fusto.

Per riuscire a portare in secca i tronchi, lo scavatorista si è ritagliato uno scivolo tra la golena e il letto dell'Idice e nei prossimi giorni - e si spera che non piova -, tutti i tronchi che ora sono appoggiati in golena, verranno spezzettati e portati fuori dell'argine per essere caricati e trasportati nella centrale elettrica a biomossa di Bando.

Giorgio Carnaroli