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Il caso Ursa si riapre: due nuovi indagati

di Daniele Predieri
Il caso Ursa si riapre: due nuovi indagati

 Il pm chiede il giudizio per due tecnici, ne archivia altri due e allarga l’indagine su chi costruì travi non armate

24 ottobre 2014
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Si riapre il processo per la morte di Tarik Naouch, operaio di 29 anni che lavorava nel turno notturno, alle 4 del mattino del 20 maggio 2012, quando il tetto del capannone Ursa di Stellata di Bondeno gli crollò addosso uccidendolo. All’udienza di ieri, davanti al gup Piera Tassoni, dopo nuove indagini e atti investigativi svolti al ministero dell’industria a Roma su una trave del tetto dell’Ursa, risultata senza armatura interna e così omologata, la procura ha modificato il capo d’imputazione e chiesto la trasmissione degli atti per due nuovi indagati: si può dedurre, visto che tutto ruota attorno alla trave (non armata si troncò innescando l’effetto domino che fece crollare il tetto), che i nuovi indagati saranno il costruttore della trave prefabbricata e il relativo progettista. Si tratta dunque di un processo che chiameremo Ursa bis, ma non è la sola novità processuale emersa ieri: la procura, il pm Nicola Proto, alla luce dei risultati di queste nuove indagini ha infatti chiesto il proscioglimento per due degli indagati per i quali aveva già chiesto il processo, escludendo ogni loro responsabilità nel crollo: si tratta del direttore dei lavori, Franco Mantero (presidente Ordine ingegneri) e il costruttore Simonello Marchesini della Stimet di Arezzo. Il pm Proto, però, cambiando il capo d’imputazione (legato a quella trave non armata) ha rinnovato la richiesta di rinvio a giudizio per gli altri due indagati rimasti: il progettista dei capannoni, Pierantonio Cerini di Arezzo e il collaudatore dell'opera, l’ingegner Mauro Monti, massimo dirigente tecnico Provincia di Ferrara. Su queste richieste presentate all’udienza fiume di ieri, durata quasi 6 ore, il giudice Tassoni deciderà il 10 dicembre prossimo.

L’udienza ha visto in aula il confronto tra le parti, la procura, le difese e la parte civile, la famiglia del giovane operaio, rappresentata dall’avvocato Claudia Tassinari: grazie proprio alla sollecitazione del legale e ai propri consulenti, il professor Mazzolani e l 'ingegner Formisano dell'Università di Napoli, si deve la riapertura dell’indagine. In un primo momento, infatti, la causa del crollo era stato individuato in un inadeguato sistema di appoggio tra travi e piloni (mancanza di fermi o bulloni), mentre ora è emerso (grazie alle conferme del perito dell’accusa, l’ingegner Comastri) che nel punto di appoggio col pilone, la trave - poi crollata - non aveva armatura: ed è stato accertato - al Ministero - che la trave prefabbricata era progettata, costruita e poi omologata in questo modo. Ritenuto non sicuro: da qui i nuovi profili di responsabilità.