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Distrutti gli strumenti di “DrainBrain”

di Alessandra Mura
Distrutti gli strumenti di “DrainBrain”

Battuta d’arresto per gli esperimenti in orbita del professor Zamboni, mancavano tre settimane all’inizio

29 ottobre 2014
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Mancavano solo tre settimane alla partenza di DrainBrain, il progetto dell’Università di Ferrara selezionato per la missione spaziale Futura, ma l’esplosione del razzo Antares, avvenuta martedì in Virginia, ha rimesso tutto in discussione. Il cargo trasportava infatti le strumentazioni necessarie per condurre gli studi proposti dal team di ricerca ferrarese, una serie di esperimenti di fisiologia umana che dovevano essere eseguiti in assenza di gravità nella stazione spaziale internazionale (Ssi) dal capitano Samantha Cristoforetti per migliorare la conoscenza sulla circolazione sanguigna del cervello.

Responsabile scientifico del progetto è il professor Paolo Zamboni, direttore del Centro malattie vascolari dell'Università di Ferrara, le cui ricerche sulla connessione tra insufficienza venosa cerebro spinale (Ccsvi) e sclerosi multipla hanno aperto nuove possibilità di terapia e che contavano di ricevere un importante contributo da DrainBrain.

«In queste ore stiamo lavorando in modo febbrile con la Nasa per cercare di capire se possiamo recuperare l’esperimento in poche settimane - spiega lo stesso professor Zamboni - L’Agenzia spaziale americana ha sposato al cento per cento il programma, ha dimostrato di crederci moltissimo». Il team di ricerca Unife, che comprende anche i fisici coordinati da Mauro Gambaccini e i cronobiologi coordinari da Roberto Manfredini, aveva risposto a un bando pubblico dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) proponendo appunto DrainBrain. Il progetto è stato quindi selezionato per la missione spaziale Futura, dopo due anni di rigorose selezioni e verifiche da parte di diverse commissioni scientifiche statunitensi.

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«Siamo in contatto continuo con la Nasa - prosegue Zamboni - per valutare se e come superare diversi scogli, a cominciare dalla realizzazione del prototipo distrutto, come validarlo, come trasportarlo negli Usa e con quale mezzo mandarlo sulla stazione orbitante». Sui tempi è impossibile, al momento, azzardare previsioni, ma non tutto è andato perduto nel disastro del razzo Antares. «Una parte degli esperimenti potrà essere comunque condotta a bordo della stazione orbitante - assicura Zamboni - Si tratta di analizzare tramite ultrasuoni i vasi cerebrali degli astronauti, che sono stati istruiti ad autoeseguire su se stessi una serie di esami “teleguidati” da me, in qualità di principal investigator del programma. L’obiettivo è duplice: studiare la fisiologia del circolo cerebrale in assenza di gravità e spiegare quei sintomi che costringono gli astronauti a rientrare sulla Terra». In altre parole, gli studi di fisiologia umana in orbita permettono di “ricreare” in una sorta di “laboratorio” le condizioni di insufficienza venosa e osservarne i meccanismi. A venir meno, con l’esplosione del cargo, è stata la strumentazione necessaria a raccogliere e elaborare in tempo reale le informazioni. Da parte sua,il presidente dell’Asi Roberto Battiston ha assicurato che «gli esperimenti saranno rimpiazzati appena possibile».