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«Dopo il sisma la Regione ci diceva di non mollare»

«Dopo il sisma la Regione ci diceva di non mollare»

Enzo Dondi racconta gli ultimi sei anni e l’attesa dell’assemblea dei creditori La crisi mondiale, i soldi bloccati, la ripresa nel 2012 e la mazzata del terremoto

29 ottobre 2014
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«Nel nostro mestiere i tempi d'oro non ci sono mai stati, ma se pensiamo al 2007, a come eravamo, l'aria che si respirava era buona». E Tecopress fatturava 53 milioni di euro. Poi la crisi mondiale e il settore automotive che crolla. E così, tra passato, presente e futuro, ecco Enzo Dondi, cofondatore padre di Tecopress, raccontare la cronologia della crisi, snocciolando i numeri a memoria: «Tutto inizia nel 2008 con la crisi globale quando dobbiamo fare i conti con la riduzione delle commesse». Ci sono però quelle nuove a compensare, ma non bastano e arrivano i primi ammortizzatori sociali in attesa degli sviluppi della crisi. «Nel 2009 le nuove commesse restano sospese - rammenta Dondi - e ci assicurano che verranno attivate appena si capirà l'evoluzione della crisi». E’ questo il momento in cui Tecopress chiede aiuto alle banche e «dopo aver utilizzato ben oltre gli affidamenti concessi ci rendiamo conto di non poter fronteggiare le scadenze».

E’ l’inizio della crisi finanziaria, le banche sanno delle difficoltà di Tecopress e, seguendo le norme, azzerano i prestiti. Tecopress corre ai ripari, incassa l’incassabile dai clienti, per pagare gli stipendi lancia l’Sos agli azionisti e ai fornitori (delle leghe di alluminio) chiede di mettere tutto in stand-by. Nell’arco di 2 anni, il fatturato scende a 20 milioni. Dopo il 2010 la crisi si assesta e nel 2011, l’azienda propone alle banche di riscadenzare i crediti entro il 15 di febbraio di quell’anno. Non c’è risposta e parte la prima richiesta di concordato preventivo in continuità aziendale: il tribunale diventa il mediatore, i creditori arbitri del futuro dell’azienda. Intanto il fatturato sale a 36 milioni: il 2012 doveva essere l’anno del rilancio, previsione di esercizio, 40 milioni a fine anno. «Eravamo pronti a depositare l'istanza di concordato entro il 30 maggio 2012 - ricorda con commozione Dondi - ma il terremoto del 20 maggio ce lo ha impedito. Ricordo quel mattino, fino a mezzogiorno speravamo tutti nel miracolo che purtroppo non c'è stato: Cesaro era morto e noi vicini ai familiari abbiamo sofferto con loro». Il disastro è sotto gli occhi di tutti: capannoni crollati, produzione bloccata. Poi la decisione di trasferire le lavorazione per restare sul mercato. «Con il grande aiuto della Tmbc di Monselice - sottolinea Dondi - che non ringrazieremo mai abbastanza ci è stato possibile delocalizzare a Ceregnano di Rovigo una parte del lavoro cercando di mantenere i clienti». E in questo momento, arriva la solidarietà di tutti: «L’abbiamo ricevuta dai clienti, dai fornitori, dalla Regione Emilia Romagna che ci ha sempre spinto a non mollare, dai clienti che non potevamo soddisfare ma che dopo la ricostruzione ci hanno detto che intendono riprendere il rapporto di lavoro». Tra mille difficoltà, il 2013 ha un fatturato di 33 milioni. Si torna alla proposta di concordato, nel frattempo bloccata per la complessità della situazione: «Siamo riusciti a depositarla il 24 giugno scorso e in questo 2014 con la situazione mondiale sempre più incerta, per Tecopress è ancora più difficile». Perchè il concordato non c’è ancora: «manca l’omologazione e senza non potremo ricostruire anche se la Regione ha già rilasciato il decreto esecutivo per i finanziamenti».

E allora? «Allora, come sappiamo dai numeri, l'omologa sarà determinata dal voto del sistema bancario e para bancario. Solo all’assemblea dell’11 novembre prossimo sapremo il futuro di Tecopress». (d.p.)