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Il futuro di Tecopress nel ‘sì’ delle banche

di Daniele Predieri
Il futuro di Tecopress nel ‘sì’ delle banche

Stanziati 50milioni per ricostruire, ma manca solo l’omologa del concordato. L’11 novembre gli istituti dovranno decidere se accettare il piano di rientro

29 ottobre 2014
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I forni pressori che sputavano fuoco e alluminio fuso, come draghi feriti aspettano nel piazzale e sotto i pochi capannoni rimessi in piedi dopo il terremoto. Aspettano, la ricostruzione. I soldi ci sono, 50 milioni che la Regione Emilia Romagna ha già stanziato e deliberato (in parte, il resto lo mette l’azienda) per macchinari e capannoni che dovranno riempire il vuoto creato dopo i crolli e lo sgombero delle macerie.

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Nel piazzale c’è anche un buco, ricoperto di calcestruzzo e ghiaina, dove vennero fatte le perizie e i carotaggi per l’inchiesta giudiziaria dopo i crolli, che fa venire i brividi: «Ecco, è in questo punto che abbiamo trovato Gerardo Cesaro: quella mattina abbiano sperato fino all’ultimo momento che si fosse salvato...» e mentre lo dice, il tono della voce di Enzo Dondi quasi si spegne. Perchè Gerardo è diventato una delle tante vittime sul lavoro la notte del sisma del 20 e poi del 29 maggio 2012 tra Ferrara e il Modenese. E perchè per Enzo Dondi, 77 anni portati niente male, titolare di Tecopress, fonderia di leghe speciali di alluminio, uomo d’altri tempi e selfmademan padano che ha costruito questa azienda nel 1971, i suoi operai sono la sua Grande famiglia.

Oggi però deve pensare a tutti quelli che sono rimasti, 180 dipendenti, «al 50% sono donne, siamo nelle loro mani e siamo fortunati per questo», perchè il futuro nonostante le tante commesse, un fatturato in crescita e segnali di ripresa del settore automobilistico per cui l’azienda lavora, il futuro è incerto. «Stiamo aspettando l’omologa del concordato preventivo in continuità aziendale che abbiamo presentato e depositato in tribunale». Manca solo questa: «Ma per averla, all’assemblea dell’11 novembre prossimo, le banche creditrici dovranno dare l’assenso al nostro piano».

Un piano lanciato verso il futuro, con un nuovo stabilimento, capannoni e macchinari all’avanguardia, il mantenimento di tutti i posti di lavoro e soprattutto «l’assunzione di 20 tecnici di altissimo livello, specializzati, tutti ingegneri per migliorare sempre più la nostra offerta sul mercato», spiega con orgoglio Dondi. Un piano che abbandonerà per sempre l’idea e il progetto pensato nel lontano 2007, prima della crisi e mai partito, di portare in Romania una parte delle lavorazioni per catturare commesse dalle fabbriche di auto low-cost e dal settore elettrodomestici, perchè allora importanti costruttori italiani stavano delocalizzando all’est: «Ora siamo qui e qui vogliano restare, per garantire un futuro ai nostri dipendenti e a un indotto che in tutto fa 400 famiglie».

Il futuro però è nelle mani delle banche, locali e nazionali. Tutte che possono vantare 23 milioni di crediti, accumulati dal lontano 2008: «E’ vero, siamo nelle loro mani, ma possiamo dire che in questi 6 anni la loro paziente attesa ci ha consentito di sopravvivere». Ossia, non hanno mai bussato alle porte di Tecopres per pretendere il rientro dei crediti. E questo ha permesso all’azienda di restare sul mercato, e rilanciarsi. Oltre la crisi, infatti, ha dovuto fare i conti con il terremoto: «E’ rimasto in piedi solo 1/3 delle nostre strutture, il resto è crollato. E quello che è rimasto dovrà essere abbattuto per far posto ai nuovi capannoni», racconta mentre nel piazzale deserto guarda la sua fabbrica che non c’è e già immagina quella di domani: «Ecco questo è il progetto - e illustra la fotosimulazione dei capannoni - questo è ciò che vogliamo fare se ce lo consentiranno. Noi la nostra parte l’abbiamo fatta, e se mi chiede se sono ottimista rispondo, ‘chi vivrà vedrà’. Per noi conta ciò che abbiano fatto negli ultimi 6 anni, se non ci fosse stato ottimismo da parte di tutti i nostri lavoratori, dal primo all’ultimo, che hanno tirato con noi per resistere, oggi non saremmo qui. E noi vogliamo andare avanti. Non ci consola sapere che tanti altri del nostro settore hanno perso e stanno perdendo e che tanti sono in crisi: credo che i nostri numeri siano il frutto di determinazione e convinzione con cui stiamo portando avanti le nostre idee per restare sul mercato». Un mercato che parla di commesse con grandi marchi: Audi, Volkswagen, General Motors, Vm, Ducati solo per citare i più grandi: «Siamo stati anche fortunati, nel primo dopo-terremoto siamo riusciti a convincere gli americani con i nostri prodotti e ora lavoriamo per Gm». Ma per fare un altro esempio, anche Bmw era pronta a lavorare con Tecopress: «Era un momento difficile, prima del sisma, stavamo proponendo un piano di rientro alle banche, non andato a buon fine, e Bmw che non aveva garanzie ha lasciato perdere: era un’importante commessa per l’Europa, ma quella porta è sempre aperta, nel futuro». E’ questo l’ottimismo di Enzo Dondi che già pensa all’omologa che deciderà il futuro di una azienda che ha come fiore all’occhiello certificazioni ambientale e di sicurezza (non lavori senza, in Europa e nel mondo), che dà pane e speranza a 400 famiglie, che vuole correre e non restare in surplace. «Abbiamo sempre lavorato anche dopo il terremoto, però è come se fossimo sfollati», chiude Enzo Dondi guardando il piazzale deserto, i macchinari e i forni che vogliono riaccendersi a 700 gradi, e che aspettano solo un «sì».