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«Ora sarà una corsa contro il tempo»

Gioele Caccia
Paolo Zamboni e Samantha Cristoforetti
Paolo Zamboni e Samantha Cristoforetti

Il professore ferrarese Zamboni sull’esperimento spaziale a rischio dopo l’esplosione del razzo in Virginia: ma ce la possiamo fare. Ecco cosa trasportava il vettore e qual era l'obiettivo della missione GUARDA IL VIDEO

30 ottobre 2014
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Una videoconferenza di cinquanta minuti, ieri pomeriggio, con i referenti dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e della Nasa americana per tentare di salvare l’esperimento scientifico ideato a Ferrara e adottato dalla missione ‘Futura’. Ad un estremo del collegamento internet il professor Paolo Zamboni, dall’altra chi deve decidere se e come sarà proseguita la ricerca nella parte che coinvolge direttamente i ricercatori ferraresi. «È diventata una corsa contro il tempo ma possiamo ancora provare a preservare l’integrità del progetto», commenta lo specialista ferrarese, direttore del Centro di Malattie vascolari dell’Università estense e responsabile scientifico dello studio. Per superare la selezione dell’Asi Zamboni ha potuto contare sull’indispensabile collaborazione di un team di cui fanno parte il fisico Mauro Gambaccini e il cronobiologo Roberto Manfredini. Tutti col fiato sospeso da quando, martedì scorso, il progetto nato negli ambulatori di Unife e dell’azienda ospedaliera S. Anna ha rischiato di essere compromesso dall’esplosione, in Virginia, del razzo ‘Antares’ che avrebbe dovuto portare in orbita il prototipo, un misuratore di flusso venoso (pletismografo) ideato da Zamboni & C.. Il ricercatore ferrarese ha appreso dell’incidente scorrendo Twitter. «Cercavo la notizia del lancio, ne ho trovata un’altra...», commenta amaro.

Professor Zamboni, che tipo di strumentazione avete consegnato ai responsabili della missione spaziale?

Nella Stazione Spaziale Internazionale (Ssi) è già posizionata, all’interno del modulo Columbus, una parte dei dispositivi che saranno impiegati per il progetto scientifico. Si tratta di un ecodoppler appositamente modificato nel software e nelle modalità d’uso (è dotato di una tastiera speciale in grado di interloquire con chi sta a terra). Per questo motivo è considerato molto innovativo. L’astronauta Samantha Cristoforetti utilizzerà l’apparecchiatura su se stessa per verificare se è possibile sincronizzare i dati del flusso venoso cerebrale con l’attività cardiaca. Così sapremo quanto sangue torna nel cuore dopo essere stato immesso in circolo. Samantha userà la strumentazione assieme ad un boccaglio attraverso il quale respirerà una quantità nota di ossigeno. Le immagini saranno poi inviate sulla Terra dove saranno processate e studiate. Il macchinario che era stato affidato al razzo ‘Antares’ invece è un plestismografo, un misuratore di flusso venoso che sulla Ssi sarà attivato in assenza di gravità. Fornirà dati che sulla Terra non possiamo acquisire. Sensori molto sottili misureranno il passaggio di sangue venoso e  ci consentiranno di individuare un parametro di riferimento, un valore di base con il quale confrontare i dati misurati a terra, in presenza di gravità.

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Quanto è costata la ‘parte ferrarese’ della missione?

Complessivamente circa 300mila euro, ma la somma comprende anche l’attività dei professionisti che hanno lavorato al progetto. Il dispositivo che si trovava sul razzo è costato molto meno. Siamo disposti a realizzarne un altro, anche in tempi brevi. Possiamo farcela.

Quanto tempo vi serve per preparare un nuovo lancio del dispositivo?

In una decina di giorni possiamo fornire la nuova apparecchiatura. Il problema è che, anche se si tratta di una strumentazione identica a quella già testata dalle autorità americane, dovranno essere ripetuti i test di sicurezza. Poi dovremo capire quando e in che modo il pletimografo potrà essere trasferito nella stazione orbitante. Per poter sfruttare a pieno l’esperimento dovremmo avviarlo entro Natale. Potremmo così sfruttare dati acquisiti su una persona non ancora adattata all’assenza di gravità e al massimo delle sue potenzialità fisiche, un’astronauta che ha passato tutti i test.

Qual è la durata programmata della missione?

Sei mesi, tutto il tempo che Samantha Cristoforetti trascorrerà nella stazione orbitante.

Dai contatti con i referenti di Nasa e Asi cosa è emerso?

Sulle cause dell’incidente si sta ancora indagando. Sulla volontà di continuare a supportare l’esperimento ideato a Ferrara le risposte sono state incoraggianti. Non siamo pessimisti.

I dati sarebbero utilizzabili subito?

C’è una parte della ricerca che si concentra su fisiologia e medicina spaziale. L’esperimento potrebbe fornire indicazioni su come alleviare i sintomi indotti dalla lunga permanenza nello spazio, un grosso ostacolo per le missioni più durature. Potremmo osservare sviluppi interessanti nel campo della telemedicina grazie all’uso di strumenti rapidi, non invasivi e poco costosi. Infine gli studi in corso sulla Ccsvi (la sindrome individuata da Zamboni al centro di sperimentazioni e ricerche per i possibili collegamenti con la sclerosi multipla, ndr) potrebbero giovarsi di nuove informazioni da aggiungere a quelle esistenti.