«La mia battaglia per avere un figlio»
Parla la ferrarese che ha vinto il ricorso in tribunale per avere gli embrioni fecondati 19 anni fa dal marito ora deceduto
<E' una vittoria per me e per tutte le donne che purtroppo si trovano nelle mie condizioni. Sono feice e adesso mi hanno dato una nuova possibilità. Ora devo sentire i medici per vedere se ci sono ancora le possibilità affinché possa realizzare il mio sogno>. Sono le prima parole pronunciate da una donna ferrarese di 50 anni, vedova da quasi 4, dopo che è stato accolto il suo recalamo. Ieri il Tribunale di Bologna ha accolto il suo reclamo. Dopo un primo rigetto in primo grado i giudici hanno sentenziato, ordinando al policlinico Sant'Orsola di provvedere immediatamente all'impianto degli embrioni prodotti con fecondazione assistita nel 1996, prima della legge 40, e da allora crioconservati. La donna ferrarese, si è avvalsa in questa battaglia legale dell’avvocato Boris Vitiello, e quindi ora per la legge potrà disporre di tali embrioni. L’abbiamo ascoltata, rispettando la sua volontà di mantenere l’anonimato.
Signora, ci racconti tutto dal principio.
«Era il 1996 e non riuscivo a rimanere incinta. Non avendo una gravidanza normale a causa di problemi medici, mi sono rivolta per le indagini all’ospedale Sant’Anna e poi al Sant’Orsola di Bologna, che è uno dei centri di eccellenza in Italia. All’epoca avevo poco più di 30 anni e i medici mi hanno consigliato allora la procreazione medicalmente assistita. La fecondazione con l’ausilio di mio marito è andata bene, siamo riusciti a creare gli embrioni che poi sono stati trasferiti e congelati. Non è però riuscito l’impianto e non sono rimasta incinta».
La pratica è stata ripetuta?
«Siamo nuovamente andati al Sant’Orsola nel 1998, ma dopo due trasferimenti nell’utero non sono riuscita ancora a rimanere incinta».
Nel frattempo continuavate ad avere consulenza dall’ospedale?
«Purtroppo mio marito ha cominciato ad avere poi problemi di salute. Sapevamo comunque che potevamo contare sui nostri embrioni e con cadenza biennale abbiamo dato il consenso a mantenerli».
Poi lei è stata colpita da un gravissimo lutto?
«Sì, nel 2011 purtroppo è morto mio marito ed è stato un colpo tremendo».
E la vicenda giudiziaria quando è partita?
«Nel febbraio del 2012, vedova da poco, ho tentato nuovamente di rimanere incinta con gli embrioni fecondati da mio marito. Era un modo per averlo ancora più vicino dopo la sua morte. Ma quando ho chiesto il trasferimento degli embrioni mi sono sentita negare il consenso».
Come mai?
«Per acconsentire al trasferimento degli embrioni - secondo la legge - bisognava avere il consenso di entrambi i coniugi. Cosa impossibile visto che purtroppo era già morto».
Lei però non si è arresa.
«Ho consultato alcune persone e alla fine mi hanno consigliato l’avvocato Boris Vitiello. Il mio legale è stato molto abile nel far capire che in fondo, nonostante mio marito fosse morte, lui il consenso lo aveva dato in precedenza, nel lontano 1996, appunto diciannove anni fa, quando è iniziata tutta questa storia. E così siamo riusciti a convincere i giudici a darci ancora una possibilità».
Signora, a questo punto lei pensa di riprovarci ancora?
«Devo consultarmi ancora con la dottoressa che mi ha in cura per capire se ci sono le condizioni. È una decisione difficile da prendere in quanto sono trascorsi tre anni, ma visto che ora c’è la legge che l’acconsente partiamo da una buona base. Oggi sono cambiata dal punto di vista emotiva, ho 50 anni, ma vedremo. Per questo continuerò a pregare, per realizzare il mio sogno».
Lei è credente?
«Sì, ho molta fede e penso che sia giunto il momento di continuare a pregare. Devo dire che il comitato bioetico non ha mai posto problemi. Gli ostacoli sono arrivati dalla legge, ma ora per fortuna abbiamo risolto».
Cosa ha pensato dopo la lettura della sentenza?
«Il mio primo pensiero è andato lassù, a mio marito. Poi sono contenta perché questa scelta giuridica può favorire altre donne con gli stessi miei problemi. Spero che nessuna donna possa trovarsi in futuro nelle condizioni in cui mi sono trovata io».