GLI ALTRI PRESIDI, lo difendono e sostengono «È proprio un grande»
Giovannetti (Iti): i ragazzi siano consapevoli che l’abito trasmette un messaggio. Salvi (Ariosto): devono sviluppare il pensiero critico per non subìre le mode
FERRARA. Selleri “forever”. Tra i colleghi del preside del liceo scientifico Roiti il consenso nei confronti del suo richiamo al decoro scolastico è unanime, e in molte scuole superiori ferraresi l’invito a vestirsi in modo consono è già contenuto nel Regolamento d’istituto. Al tempo stesso, i dirigenti scolastici interpellati sottolineano la necessità di puntare più sulla formazione e la consapevolezza di sè che non sui divieti.
Su questa linea è il dirigente scolastico dell’Iti CopernicoCarpeggiani, Roberto Giovannetti: «Il confine della libertà è molto sottile.
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La scuola è un luogo di educazione, ma al tempo stesso è anche un luogo in cui viene esercitata la libertà di espressione. E se è vero che in classe è giusto abbigliarsi in modo adeguato, è altrettanto vero che, più delle imposizioni, occorre un percorso educativo di accompagnamento degli studenti insieme alle famiglie. I ragazzi devono essere consapevoli che vestirsi in un certo modo significa mandare un messaggio; certo ognuno deve essere valutato per quello che vale, ma e questo tipo di comunicazione non verbale è importante rispetto all’ambito in cui ci si trova, che sia l’esame di Stato o un colloquio di lavoro. Nel momento in cui uno studente diventa consapevole di questo, la scuola ha raggiunto il suo obiettivo».
Un giro di vite sull’outfit scolastico, del resto, sarà introdotto nel nuovo regolamento d’Istituto del liceo Carducci in corso di approvazione da parte del Consiglio d’Istituto. «È stata gran parte degli studenti a chiedere più rigore in questo senso - assicura la vicaria Veronica Liverani - È giusto che i ragazzi imparino che, così come il linguaggio cambia a seconda se ci si trovi in famiglia, tra amici o in un ambiente più formale, così anche l’abbigliamento deve conformarsi alle circostanze. C’è da dire che qui di jeans strappati non se ne vedono: è più con la stagione calda, tra maggio e giugno, che qualcuno viene a scuola come se fosse in spiaggia».
All’istituto professionale Einaudi non solo il “galateo” del look” è codificato nel regolamento, ma càpita che i trasgressori vengano ripresi dai professori se avvistati nei corridoi o in classe con abiti troppo sbrindellati, sottolinea la vicepreside, Simonetta Montanari: «Qualche ragazzo è stato invitato a non presentarsi più a scuola vestito in quel modo, e non è più successo».
«Sono d’accordo con il collega Selleri nei contenuti della sua lettera - interviene la dirigente del liceo Ariosto, Mara Salvi - ma penso che la questione non sia legata semplicemente al vestito consono o meno.
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Ma coinvolga il rispetto di sè e la responsabilità nei confronti dell’istituzione in cui ci si trova; impegni, questi, che vengono sottoscritti al momento dell’iscrizione sia dai ragazzi che dai loro genitori. Ma quello che serve non sono tanto le regole scritte, quanto la possibilità per i ragazzi di confrontarsi con gli adulti e sviluppare un pensiero critico, che è anche la libertà di non seguire passivamente la moda. Fa parte del percorso educativo che la scuola deve compiere con i suoi studenti».
Telegrafica, ma chiarissima, infine, la considerazione della dirigente dell’alberghiero Vergani e dell’istituto professionale Navarra, Roberta Monti:
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«D’accordissimo con Donato Selleri. È un grande».(a.m.)