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Ferrara lancia l’idea «Per la Soia ogm free serve il made in Italy»

Ferrara lancia l’idea «Per la Soia ogm free serve il made in Italy»

La proposta di Cia e Confagricoltura è stata presentata all’incontro dei produttori del Nord Italia avvenuto in città

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Cresce la produzione di soia in Italia dove viene prodotta solo OGM Free e cresce la voglia dei produttori di veder riconosciuta la qualità di un prodotto attraverso un marchio distintivo italiano.

Il primo passo verso un vero e proprio "brand" Made in Italy della soia è stato fatto da Cia - Agricoltori Italiani Ferrara e Confagricoltura Ferrara che hanno invitato in città, nei giorni scorsi, Ivan Nardone del Dipartimento di sviluppo agroalimentare e territorio di Cia nazionale; Mario Salvi, responsabile Area produzioni cerealicole di Confagricoltura e i rappresentanti delle associazioni delle regioni produttrici del Nord Italia per discutere del futuro di una coltura che a livello di consumo alimentare fa certamente tendenza.

Nel corso del coordinamento sono stati analizzati due fattori rilevanti a livello di produzione e consumo di soia. A livello produttivo nel 2016 c'è stato un aumento di superfici investite del 10-12% e la produzione stimata è di circa 1.250.000 tonnellate, mai così alta dagli anni 90. Nonostante questa notevole impennata, la quantità di soia prodotta copre solo il 7% circa del fabbisogno europeo e il resto viene importato da America e Ucraina.

Aumenta a due cifre, circa del 10%, anche il consumo di soia a livello alimentare perché gli alimenti a base di proteine vegetali vanno a coprire la richiesta di mercato di vegetariani e vegani che peraltro chiedono sostanzialmente prodotti bio e certificati.

«Sembra davvero un ottimo momento - spiegano Cia e Confagricoltura - per pensare concretamente a un marchio che certifichi la soia italiana. Un marchio che da un lato valorizzi la qualità del prodotto Made in Italy e il lavoro dei produttori in termini di prezzo e dall'altro tuteli la salute di chi sceglie di consumare alimenti a base di soia. La nostra idea è, infatti, quella di un vero e proprio "brand" di filiera che renda più remunerativo per gli agricoltori coltivare la soia, sia appetibile per le aziende di trasformazione che vedrebbero soddisfatto maggiormente il fabbisogno di soia italiana e ridurrebbero le importazioni e naturalmente per i consumatori che saprebbero esattamente quello che arriva sulle loro tavole».

«Siamo consapevoli - continuano le associazioni - che i passi da fare sono ancora molti perché sarà necessario mettere a punto un disciplinare, fare ricerca per migliorare la qualità del prodotto e soddisfare al meglio la richiesta dell'industria e naturalmente fare accordi precisi di filiera ma crediamo che occorra ascoltare le richieste di un mercato che non è più solo una nicchia. Lo dimostrano le scelte di grandi aziende alimentari che stanno lanciando sul mercato prodotti a base di soia accanto, ad esempio, a latte e formaggi tradizionali. Naturalmente non vogliamo certo porci in concorrenza con altri settori agroalimentari ma andare a intercettare una richiesta precisa attraverso un sistema di qualità che pensiamo possa fare davvero la differenza per tutta la filiera della soia italiana».

Andrea Tebaldi