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Ferrara, uccise la moglie: tre anni in clinica

Ferrara, uccise la moglie: tre anni in clinica

De Scisciolo assolto perché incapace, ma pericoloso: dovrà stare in struttura psichiatrica

13 dicembre 2016
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FERRARA. Aveva ucciso la moglie in uno stato di incapacità di intendere e volere, ma proprio questo suo stato di non controllo - dopo il dramma dell’omicidio - ha portato i periti psichiatri a concludere per la sua futura pericolosità sociale: per questo motivo, lunedì, la Corte d’assise di Ferrara ha prima assolto perchè non imputabile Francesco De Scisciolo, 74 anni, per la morte della moglie Elena Salmaso, 73enne, e poi deciso come “misura di sicurezza” che dovrà esser ospitato per 3 anni in una struttura psichiatrica, la Podere Rosa a Forlì, dove potrà esser protetto, curato e controllato.

Si è chiuso così dopo appena una manciata di ore di discussione e confronto tra i periti della procura (Ariatti) e della difesa (Volterra), l’accusa (pm Tittaferrante) e difesa (avvocato Bolognesi) il processo più veloce mai dibattuto in Corte d’assise. D’altronde che la tragedia di Quacchio, dove la coppia abitava in via Paracelso dove avvenne l’omicidio il 5 aprile scorso, non fosse un caso giudiziario era quasi ovvio, scontato.

L’ex ingegnere in pensione, quella mattina dopo aver ucciso la moglie con un coltello, in preda ad un delirio innescato dalle condizioni della moglie, inferma e malata e che lui accudiva personalmente, si presentò ai carabinieri dicendo di aver ucciso la donna con cui aveva vissuto tutta la sua vita. Confessò subito ai carabinieri, mostrando loro, però, tutta la sua vulnerabilità psicologica e psichiatrica, dicendo: «Non sono stato io, ma il demonio».

Così, il processo, lunedì mattina ha messo in luce, davanti ai due giudici togati (Marini e Negri) e i sei popolari (4 donne e due uomini), attraverso le parole chiarissime del professore Renato Ariatti, perito della procura, il fatto che De Scisciolo uccise in preda ad un “delirio da rovina”, apice di una “depressione psicotica endogena”, innescata, ma non solo, dalle condizioni della moglie, poichè lui stesso ne soffriva da tempo. Diversi giorni prima del delitto, scrisse due lettere in cui spiegava tutto, le sue ossessioni incontrollate e tanto altro.

Si sentiva in colpa per il “grosso errore” di aver voluto accudire da solo la moglie: uno sforzo che lo aveva prostrato, assieme a tanto altro: ad esempio, il fatto che avesse assunto due badanti, non in regola per accudire la moglie, lo viveva con vergogna, lui che tutta la vita era stato rigorosissimo con gli obblighi. Quella mattina del 5 aprile, non riuscì più a sostenere tutto questo: spense la luce nella sua mente e la vita della moglie.

Ora per i prossimi 3 anni dovrà essere curato, protetto da sè e per gli altri, perchè ancora troppo pericoloso come hanno stabilito periti e giudici.