IL VESCOVO E LE SCELTE DEL PAPA
Il fondo del direttore della Nuova Ferrara sul cambio al vertice della diocesi
FERRARA. Ho il sospetto che qualcuno abbia preso la nomina di monsignor Gian Carlo Perego a vescovo di Ferrara-Comacchio come un “tana libera tutti”, e che stia prendendo una cantonata. La scelta del Papa di affidare la diocesi delle barricate al direttore generale della fondazione Migrantes, il sacerdote che è il volto (e le braccia, e le gambe) dell'accoglienza cattolica in Italia, è certo un messaggio chiaro in tema di solidarietà, ma in nessun modo può essere sintomo di un cedimento sul fronte ecclesiastico e dottrinale. Perego è un vescovo della Chiesa cattolica, apostolica, romana; con una sensibilità tutta propria, in un solco ben definito. Ho idea che i goliardi che mercoledì sera saluteranno la liberazione dal vescovo Luigi Negri con un “festone ignorante” sul sagrato del duomo, al grido di #alleluja #alleluja, finiranno presto con il doversi ricredere: una chiesa mai può essere un orinatoio, che sia un umile eremo, il battistero di Firenze o la nostra concattedrale. Si scherzi pure con i fanti, ma lasciando stare i santi e la sensibilità dei fedeli.
Un occhio a Ferrara, l’altro a Roma. Quella di Perego è solo l’ultima di una serie di nomine che stanno rapidamente mutando la composizione della Conferenza episcopale che a maggio avrà anche un nuovo presidente: in meno di quattro anni di pontificato, Bergoglio ha già cambiato la guida di oltre un terzo delle diocesi italiane scegliendo sacerdoti dalla forte vocazione sociale e che fanno del dialogo un punto di forza. Scegliendoli tra i parroci, spesso. Come è accaduto per Padova, diocesi affidata al mantovano don Claudio Cipolla che in riva al Mincio dirigeva la Caritas provinciale, o a Palermo dove il Papa ha chiamato don Corrado Lorefice, parroco di frontiera, in prima linea contro il racket della prostituzione. Come ha proseguito con le diocesi di Savona, Lipari e Lucera. E con Ferrara.
Buona domenica.