La Nuova Ferrara

Ferrara

Ferrara, profughi a Ravalle: ma c'è il giallo degli alloggi. E il Pd di Bondeno: troppo vicini a noi, non va bene

Gian Pietro Zerbini
Ferrara, profughi a Ravalle: ma c'è il giallo degli alloggi. E il Pd di Bondeno: troppo vicini a noi, non va bene

Il possibile arrivo nella frazione di 35 stranieri sta creando divergenze tra Comune e Prefettura e la titolare dice: hanno fatto i conti senza l’oste, non ho ancora affittato. Il sindaco Fabbri: troppi per una frazione così piccola. E il segretario del Pd del Comune dell'Alto Ferrarese: dire Ravalle è come dire Salvatonica, la decisione inciderà anche sul nostro territorio  

5 MINUTI DI LETTURA





FERRARA. Il possibile trasferimento di 35 richiedenti asilo in una casa di Ravalle sta diventando un caso politico e sociale, ma soprattutto potrebbe avere anche pendenze legali, con ricorso agli avvocati. Nella frazione ferrarese gli animi sono molto preoccupati per la voce sempre più insistente dell’arrivo dei profughi in un numero che equivale ad oltre un 10% dell’attuale popolazione del paese. Le procedure sono avviate e c’è stato anche recentemente più di un incontro tra la prefettura - che gestisce l’emergenza profughi - l’amministrazione comunale e un comitato di residenti della frazione ferrarese.

La prefettura ha sondato il terreno sulla possibilità di trasferire i 35 profughi, senza creare problematiche sociali. Le barricate, come è successo qualche anno fa, sono scongiurate anche per volontà dei leghisti, ma il malcontento per questa soluzione è reale a cominciare proprio dallo stesso sindaco Alan Fabbri, che pur non dichiarando guerra aperta al provvedimento, ha fatto capire che farà tutto quello che gli strumenti burocratici gli consentiranno di agire, per evitare l’arrivo dei profughi a Ravalle. Si profila uno scontro a livello istituzionale, anche se, non si esaspereranno i toni della discussione come è accaduto in un recente passato.

Il no del sindaco.  «Non parliamo di braccio di ferro con lapPrefettura, il termine non mi piace - precisa subito il sindaco di Ferrara, Alan Fabbri - voglio però far notare che è in atto una discussione ferma e una divergenza sull’opportunità di ospitare 35 profughi in una casa vicino alle sponde del Po a Ravalle. Per l’amministrazione comunale di Ferrara, portare 35 profughi, già presenti da anni sul territorio ferrarese e raggrupparli tutti in una casa, per quanto grande a Ravelle, è una cosa assurda, Teniamo presente che la frazione ha avuto una riduzione della popolazione nel tempo ed ora sono 300 gli abitanti, vale a dire in un colpo solo Ravalle si troverebbe con un 10% in più di popolazione costituito da richiedenti asilo. Senza contare che nella vicina frazione di Porporana c’è un’altra cinquantina di profughi. Troppi per la popolazione presente nelle due frazioni. Faremo tutto quanto è in nostro potere per evitare questo trasferimento, ovviamente i nostri atti saranno a livello burocratico, perché alla fine chi decide è la prefettura che gestisce l’emergenza profughi. Siamo contrari e speriamo in un ripensamento su tale decisione».

Il problema per il Comune è che in provincia di Ferrara ci sono 700 richiedenti asilo e buona parte si trova nel territorio comunale di Ferrara. Un problema reso ancora più complesso dal fatto che molte cooperative locali non hanno partecipato al bando. Solo due associazioni si sono fatte avanti nell’ultima chiamata della prefettura che cercava enti e associazioni in grado di farsi carico dell’ospitalità dei richiedenti asilo. Una è la cooperativa veneta “Un mondo di gioia”, che tra l’altro ha proposto alla prefettura proprio la casa di Ravalle, l’altra è la Caritas.

Il no della proprietaria. Eleonora Giacomelli, proprietaria della casa di via Bolzana a Ravalle, dove nelle settimane scorse sono stati fatti sopralluoghi e c’è la volontà di trasferire i profughi, mette però la mani avanti, manifestando tutta la sua contrarietà rispetto a questa operazione.

«Premetto - dichiara Giacomelli - che non ho firmato documenti e contratti con nessuno, tanto meno con la onlus che si farà carico del progetto accoglienza. La mia casa è sì in vendita ma non in affitto. Non è una questione di razzismo, ma non immagino cosa mi ritroverò dopo due anni. Sono venuti in questi giorni l’Usl, la prefettura ed altri enti a fare controlli. Io però non voglio affittare la mia casa agli extracomunitari. La cosa che mi preoccupa è che negli ultimi giorni sono stata presa di mira da alcuni residenti di Ravalle che contestano la scelta di dare ospitalità in casa mia ai 35 profughi, ma io voglio chiarire che non ho firmato alcun contratto di affitto e mi sono rivolta ad un avvocato per evitare speculazioni e malintesi. Sono stanca che la gente venga in continuazione qui a lamentarsi. Ripeto, in casa mia, finché rimango proprietaria, i profughi non ci entrano. In questa circostanza mi sembra che qualcuno abbia fatto i conti senza l’oste».

In attesa di ulteriori sviluppi, emerge la difficoltà di gestire l’emergenza profughi sul territorio.

Il Pd di Bondeno. Sulla vicenda, nel pomeriggio di martedì interviene anche il Pd di Bondeno con una comunicato a firma del segretario locale Tommaso Corradi. Questo il testo del comunicato:

 «Trentacinque migranti a Ravalle, una frazione di 300 abitanti che non è adeguata allo scopo, sono un numero enorme: Ravalle è una comunità troppo piccola per sopportare un peso che le verrebbe buttato addosso in modo così improvviso. Spero che le assemblee pubbliche e gli incontri convincano il Sindaco e l’Amministrazione Comunale di Ferrara a trovare soluzioni diverse. Siamo preoccupati anche noi, perché questa decisione inciderà sicuramente anche sul nostro territorio comunale: vogliamo chiedere al Sindaco di Bondeno, Fabio Bergamini, di intervenire presso il Sindaco di Ferrara, Alan Fabbri, perché il nostro paese non debba subire contraccolpi per questa decisione, che non è preparato ad affrontare: dire Ravalle è praticamente come dire Salvatonica. Di fronte a queste emergenze, è meglio inserire gruppi molto piccoli in grandi comunità, piuttosto che isolare grandi gruppi di migranti in piccole comunità che non hanno le strutture, la forza e la preparazione di affrontare lo stress di una decisione imposta dall’alto. E che, proprio per questo, si sentono insicure. In fondo, era stato proprio Bergamini, qualche anno fa, a minacciare di denunciare chi avesse ospitato a casa propria dei migranti senza segnalarlo»