Il grido di Adriano Sofri: «“Pietro” sta male, ho paura che muoia»
E sull’operazione scrive sul Foglio: «Li avete presi e ora che ve ne fate?»
ROMA. «Non farò torto alle altre e gli altri della retata osservando che Giorgio Pietrostefani, “Pietro”, già condannato a 22 anni come mandante dell’omicidio Calabresi, è il piatto forte della retata» svoltasi «in ora antelucana, come da regolamento, un’operazione congiunta di polizie e intelligence francesi e italiane che ha portato all’arresto di “sette ex terroristi” a Parigi. Bravi! E adesso che ve ne fate?».
Così Adriano Sofri commenta gli arresti in un articolo per Il Foglio online. «È curioso, diciamo così, che la spettacolosa svolta della retata di pensionati d’oltralpe abbia seguito da vicino il pronunciamento della Corte Costituzionale sulla incostituzionalità dell’ergastolo cosiddetto ostativo. Suggerisco al ministero una variazione lessicale – scrive ancora Sofri – per i nuovi arrivi eventuali: l’ergastolo ottativo. Il treno dei desideri. Li avete presi: e ora che ve ne fate?».
«Non mi preme distinguere fra le persone della retata, come sono oggi; al contrario – prosegue Sofri – sono solidale. (Con le loro vittime, da sempre). Però non conosco le altre, e conosco Pietro».
Sull’amico Pietrostefani, il fondatore di Lotta Continua aggiunge: «In Francia ha sempre lavorato, avuto residenza regolare, pagato le tasse, condotto vita discreta di vecchio uomo e di nonno. Il suo indirizzo era noto a chiunque volesse trovarlo. La Francia che gli ha dato ospitalità gli ha dato anche un fegato di ricambio, salvandogli la vita con un trapianto in un’età che in Italia non lo avrebbe consentito. La sua condizione sanitaria è cronicamente arrischiata, e il suo avvocato provvederà, o avrà già provveduto, a documentarla al giudice. Pietro vive di lunghi ricoveri regolari e di improvvisi ricoveri d’urgenza, oltre che di quotidiani farmaci vitali. Ha in programma di qui a poco un ennesimo intervento di riparazione nel suo ospedale parigino. Tutto ciò non deve intenerire nessuno, né i privati né tantomeno il cuore dello Stato. Da quando ho ricevuto la notizia del suo arresto sono combattuto fra due sentimenti opposti, quasi cinici: la paura che muoia nelle unghie distratte di questa fiera autorità bicipite transalpina e cisalpina, e un agitato desiderio che torni in Italia. Un desiderio da vecchio amico, e anche lui è vecchio, forse ce l’ha anche lui un desiderio simile».
«Nei decenni trascorsi dopo il rifugio in Francia, non uno – se non sbaglio – non uno dei condannati ha commesso reati. Questa era del resto una condizione alla loro accoglienza» prosegue Adriano Sofri : «La cosiddetta “dottrina Mitterrand”, che è stata in realtà la pratica di Mitterrand, di Chirac, di Sarkozy, di Hollande e, fino a ieri, di Macron ha realizzato il fine più ambizioso e solenne che la giustizia persegua: il ripudio sincero della violenza da parte dei suoi autori, e così, con la loro restituzione civile, la sicurezza della comunità. La Francia repubblicana è riuscita dove il carcere fallisce metodicamente». —