Ferrara, è morto Gian Pietro Testa: maestro del giornalismo
Aveva 86 anni, le sue inchieste sugli anni bui della Prima Repubblica
Ferrara È morto a Ferrara all’età di 86 anni Gian Pietro Testa, giornalista e scrittore che ha lavorato anche a diversi quotidiani nazionali fra cui L’Unità, Il Giorno, Paese SeraSenzaprezzo. A Ferrara aveva insegnato giornalismo al Cadid. Si era occupato di cronaca nera e terrorismo, dalla strage di piazza Fontana a Milano a quella di Peteano, fino a quella della stazione ferroviaria di Bologna. Dal 1985 al 1992 è stato capo ufficio stampa del Comune di Ferrara. È stato un giornalista con la passione della poesia e della narrativa, ha pubblicato diversi libri inchiesta come “La strage di Peteano” e antologie come la raccolta di poesie “Antologia per una Strage” dedicato all’attentato alla stazione di Bologna. Nel 2017 fu insignito dall’Associazione Stampa di Ferrara del Premio alla carriera.
In tanti hanno voluto ricordare Gian Pietro Testa. A partire dal figlio Enrico: «Papà mi ha insegnato a scrivere, e all’epoca mi dava dell’asino, papà mi ha insegnato soprattutto l’onestà e il coraggio di ribellarsi, papà mi ha fatto iniezioni di giustizia, cosa che sento dentro come poche altre, papà mi ha insegnato la fantasia. Le domeniche quando lavorava a “Il Giorno” ed era di riposo c’era un rituale fisso che ricordo come fosse oggi. Mi prendeva nel lettone a Monza, mi faceva chiudere gli occhi e mi raccontava che eravamo nel Paese delle farfalline. Guarda Chicuiu (mi chiamava così e io lo chiamavo Papaiu e manco so perché) vedi quella farfalla verde sul fiore giallo. E io vedevo davvero sia la farfalla sia il fiore. Duravano ore quelle passeggiate immaginarie che mi hanno aperto la testa insieme con i libri di Gianni Rodani, i fumetti della Pimpa, la mia passione per le Giovani Marmotte. Poi si andava al Parco di Monza a giocare, in montagna si camminava, credo che papà sia stato un grande ambientalista a sua insaputa. Papà veniva da una famiglia sostanzialmente borghese e di destra ed è sempre stato il contrario. Politicamente, non ne parliamo nemmeno, non mi ha mai imposto nulla. Quando siamo andati a Ferrara, la sua città, mi ha regalato un’adolescenza serena e riparata. Per questioni di lavoro, di inchieste scomode, di articoli e libri, tentarono – ma solo per spaventare papà – di investirmi. Era una vecchia Alfasud grigio chiaro, era tra Piazza verdi e la cartoleria Alfonsa. Vivemmo mesi con i carabinieri davanti alla porta ma non so perché non mi sono mai preoccupato. Anzi, lo so. Perché papà decise di fatto di abbandonare la sua carriera per proteggermi. L’ho capito tardissimo. Il resto sono infiniti ricordi. Il primo giorno che mi portò alla Spal era contro il Monza. Venivamo proprio da Monza e io tifavo appunto Monza. Fu un pareggio ma uscì dallo stadio diventando della Spal».
«Ferrara piange un suo figlio, colto, appassionato e poliedrico ricercatore di verità, attraverso le arti della scrittura e della pittura – ha detto il sindaco Alan Fabbri – Ci stringiamo al dolore dei familiari».
«Con lui ho imparato molte cose del mestiere che tanto ancora mi (ci) appassiona – ha detto Alessandro Zangara, capo ufficio stampa del Comune – Conservo con orgoglio la sua firma sul tesserino bordeaux da professionista».
«Per Gian Pietro – ha sottolineato il giornalista Sergio Gessi – il giornalismo era uno strumento finalizzato alla ricerca della verità, accompagnato dal dovere di combattere l’ingiustizia. Per questo si è sempre trovato a praticare strade in salita». l
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