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Il retroscena

Ferrara, la mafia nigeriana faceva beneficenza per avere consenso

Ferrara, la mafia nigeriana faceva beneficenza per avere consenso

La strategia del clan dei Vikings/Arobaga decapitato dalla Polizia: l’idea emersa in un’intercettazione letta nel processo in corso in tribunale

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di Daniele Oppo

Ferrara Compiere azioni benefiche e dargli risalto pubblico in modo da mostrare all’esterno il “lato buono” dell’organizzazione. Era una delle strategie che gli Arobaga/Vikings – il cult della mafia nigeriana che aveva preso il sopravvento a Ferrara e che è stato in buona parte affossato con l’operazione “Signal”- avrebbero pensato di mettere in campo per aumentare l’appeal dell’associazione.

È quanto emerso ieri nel corso del processo che si sta svolgendo nel tribunale estense proprio a carico di diciassette imputati, tra i quali “dj Boogye” (o “Bugi”) , soprannome di Emmanuel Okenwa, il capo a Ferrara del Kclub de Norsemen. Come nelle precedenti udienze, il pm Roberto Ceroni, insieme ai poliziotti Andrea Marzocchi e Stefano Perelli, sta mostrando, imputato per imputato, la loro appartenenza a un’associazione mafiosa, facendo emergere grazie alle conversazioni intercettate l’uso di un linguaggio criptico e l’esistenza di una struttura gerarchica, con ruoli ben definiti.

La strategia di promozione è venuta fuori proprio da una conversazione intercettata tra “Bugi” ed Emmanuel Albert, detto anche “Raska” o “Ratty”, altro personaggio di spicco dei Vikings, attivo a Ferrara, dove si era fatto notare fino a venire promosso nel ruolo di “coordinator” di Padova, il vertice territoriale dunque. È proprio “Ratty” a dire a Okenwa che «certe persone sarebbe bene che si facessero vedere mentre fanno opere buone, come dare soldi alla Caritas, e mostrarsi in video». Per gli inquirenti stava parlando di una mossa, come dire, di propaganda: fare beneficenza per dare un’immagine positiva dell’organizzazione.

L a cosa curiosa è che, sempre in una conversazione tra i due, Ratty ricordava a Bugi che «bisogna essere riservati nelle conversazioni, perché i muri hanno le orecchie». Forse non pensavano che anche i telefoni avrebbero potuto averle.

L’importanza di Emmanuel Albert, che era noto anche per essere stato un capo energico e prono alla soluzione violenta dei problemi (cosa non troppo gradita dai suoi pari), emerge anche in altre conversazioni avute sempre con l’autodefinitosi «re di Ferrara», dove Ratty sostiene di avere avuto contatti con il vertice europeo dei Vikings, che ha sede in Gran Bretagna e che «ha i soldi per il business». Business che, per gli inquirenti, è quello dello spaccio di droga. l

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