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Riponi il telefono ed entra in classe

Riponi il telefono ed entra in classe

Il singolare esperimento in due classi all’Einaudi Ragazzi e docenti si confrontano sull’utilità

19 febbraio 2023
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Abbiamo deciso di raccontare un’iniziativa sperimentale un po’ particolare della nostra scuola. All’istituto Einaudi, infatti, in seguito alla nota del ministro dell’Istruzione, si è scelto di sperimentare il ritiro dei telefoni cellulari per tutta la mattinata scolastica agli studenti di due classi prime della scuola.

Abbiamo quindi scelto di parlare con le due classi prendendo due studenti campione in ognuna e accanto a ciò abbiamo realizzato anche una statistica riguardante entrambe le classi per riportare dati utili ad una riflessione futura. Da un sondaggio da noi preparato con 15 domande a risposta multipla è risultato che il 75% degli studenti è dipendente dal telefono con un tempo di utilizzo quotidiano maggiore a quattro ore di cui più della metà passato su instagram. È proprio lì che tanti di quei ragazzi e ragazze condividono la propria giornata tramite foto o video.

Il telefono, come sappiamo, potrebbe essere sfruttato anche a fini educativi ma ciò, sempre secondo gli studenti, non avviene quasi mai nelle loro classi dove gli insegnanti cercano di limitarne severamente l’utilizzo. Inoltre, seguendo i pensieri dei ragazzi, molti professori non vanno incontro alle loro richieste.

Tra le convinzioni più diffuse c’è quella che vede il cellulare come uno strumento per occupare il tempo. Non va infatti scordato che esistono altri modi per distrarsi soprattutto quando il telefono non viene utilizzato per sollecitare la curiosità degli studenti. Non mancano quindi alcune storture del sistema e c’è chi nelle classi sostiene di consegnare un vecchio smarphone per tenere comunque sotto il banco quello abilitato.

In conclusione possiamo dire che se da una parte i ragazzi vorrebbero più voce in capitolo, dato che i diretti interessati sono loro e auspicano qualche apertura a fronte dei “no categorici”, dall’altra parte i professori fanno sempre più fatica a gestire classi dove il rifiuto dell’apprendimento e la disattenzione sono dei problemi evidenti.

In particolare, in una classe gli studenti hanno ammesso che, i appena saputa la notizia dell’esperimento da attuare, hanno reagito più o meno tutti male all’idea di non aver più con sé il proprio telefono durante le lezioni. Si sono sentiti anche isolati rispetto alle altre classi, perché loro erano gli unici nella scuola a non essere connessi con il mondo esterno. Ora, invece, quasi tutti gli studenti si sono abituati ad utilizzarlo solo durante l’intervallo e a riceverlo solo a fine lezione mentre altri vedono questo progetto come una perdita di tempo.

Ad onore del vero, ci sono anche dei pareri positivi in quanto per alcuni è un aiuto a rimanere più attenti in classe e a seguire bene le lezioni. Unanime è l’opinione che il progetto debba essere più uniforme e cioè esteso a tutte le classi dell’istituto, per non essere i soli ad attuare questa sperimentazione.

I professori intervistati pensano che per gli alunni questo progetto sia estremamente positivo ed un’esperienza nuova, nella quale all’inizio si sono trovati disorientati perché dipendono tutti dal telefono (tutti lo siamo) e può essere fonte di disturbo durante le lezioni. Ma a poco poco i ragazzi dell’Einaudi si stanno rendendo conto che anche senza telefono si riesce a vivere e ad avere una connessione al di fuori dello schermo. Questa opinione è sostenuta anche dalla preside Marianna Fornasiero, che è propensa ad ampliare questo progetto a tutte la classi dell’istituto, se non entro la fine di quest’anno a partire dall’inizio del prossimo anno scolastico.

Sul tema e soprattutto la diatriba tra “cellulare sì o cellulare no in classe durante le lezioni” abbiamo voluto anche interagire con la psicologa della scuola, la dottoressa, Lucia Ruiz Marmugi che molto gentilmente e in modo dettagliato ci ha dato una panoramica della situazione analizzata dal punto di vista psicologico.

«Dal mio punto di vista, a differenza di tanti – ha ammesso - direi che il telefono è molto utile dal punto di vista educativo e didattico ma per il singolo ragazzo è quasi fondamentale sentirne il possesso per un senso di connessione con il mondo circostante. Ovviamente il problema reale di cui soffriamo tutti (ragazzi e adulti) è saper distaccarci in base all’ambiente che ci circonda, che può essere il luogo di lavoro per un adulto o magari la lezione di matematica per uno studente».

Ma la vera domanda è come mai siamo arrivati a tanto e ad avere una necessità così ossessiva di avere tra le mani o quantomeno a portata di mani uno smartphone? «Molte volte – analizza la psicologa – a non dare il buon esempio è proprio l’educatore che pretende che questa norma scolastica venga rispettata soltanto dagli alunni. Magari per il docente l’uso del telefono è limitato alla risposta ad una email oppure a una chiamata inerente al lavoro, o anche solo un informazione relativa a progetti scolastici, ma comunque la metodologia dell’uso del telefono in questa situazione è pressoché la stessa dei ragazzi con i loro coetanei».

A fronte di una panoramica complessiva talvolta discordante diventa interessante capire se può esistere una mediazione ossia un approdo condiviso al possesso e all’uso del telefono durante le lezioni ordinarie. E qui ci sono visioni discordanti a seconda delle generazione a cui si appartiene. Il punto d’incontro perfetto – verrebbe da dire – sarebbe forse mettere giù il telefono e vivere il momento reale, che sia bello o brutto, sapendo che a volte l’utilizzo è indispensabile. Allo stesso tempo è però utile agire su due fronti paralleli: alimentare il senso di responsabilità che aiuterà noi giovani nell’ormai imminente mondo nel mondo del lavoro mentre per gli adulti occorre consolidarsi e migliorarsi più che possono per far in modo che le generazioni future non abbiano scontri sulla tecnologia, ma vengano sin dalla più tenera età abituati a questo tipo di abitudine. l

Anastasia Milan

Sara Vincenti

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