La Nuova Ferrara

Ferrara

Il saluto

Ciao Ferrara, se ritroverai unità avrai un bel futuro

Giacomo Bedeschi
Ciao Ferrara, se ritroverai unità avrai un bel futuro

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Non mi ero mai chiesto cosa avrei scritto arrivato a questo giorno, perché nei giornali è tutto tremendamente veloce e pensi solo alla chiusura delle pagine, tutt’al più a come impostare, per quel che si può, il lavoro di domani. Non è mai facile il distacco, anche se all’orizzonte c’è una nuova sfida avvincente, che raccolgo con lo stesso spirito con il quale, poco più di due anni fa, entrai per la prima volta nella redazione de la Nuova Ferrara, dove tutto, dalla grande mappa del 1688 all’ingresso, ai versi di Torquato Tasso scritti sul muro della sala riunioni fino alle pagine del Giardino dei Finzi Contini stampate sulla vetrata dell’ufficio, racconta di questa splendida città. Mi piace pensare che la conclusione della mia direzione, che il prossimo anno festeggerà i primi 35 anni, sia coincisa con la restituzione alla comunità di uno dei suoi spazi più identitari, Palazzo Diamanti, appena riaperto dopo il restauro con la mostra dedicata al Rinascimento. Ecco, che sia un auspicio a una nuova rinascita culturale, che rimetta questa città al centro delle mappe. Perché, almeno una volta, tutti dovrebbero passeggiare in corso Ercole d’Este con lo sguardo che si perde nella nebbia verso la porta degli Angeli, o ammirare i colori del tramonto sui mattoni del Castello.

Non smetterò mai di ringraziare il collega Pietro Zerbini, che un pomeriggio mi trascinò lassù. "Vieni, dai. Oggi non c’è foschia, è bellissimo, si vedono sicuramente le prealpi". Aveva ragione. Era, è, bellissimo. Come puntare gli occhi sull’acqua del grande fiume stando sulla riva. Più di 80 anni fa, Michelangelo Antonioni, aveva reso bene l’idea. Prendo le sue parole in prestito. "Non è affermazione patetica dire che le genti padane sono innamorate del Po. La gente padana sente il Po. In che cosa si concreti questo sentire non sappiamo; sappiamo che sta diffuso nell’aria e che vien subìto come sottile malia. È, del resto, fenomeno comune a molti luoghi solcati da grandi corsi d’acqua. Pare che il destino di quelle terre si raccolga nel fiume. Si stabilisce, in altre parole, un’intimità speciale". Cari lettori della Nuova, sono stati due anni stupendi, nonostante in parte si siano sovrapposti a uno dei momenti più bui del Paese dal dopoguerra. Quando ho messo piede nella redazione di corso Porta Reno eravamo in piena pandemia, prossimi al Natale e a una delle tante strette anti contagio. Ma c’era anche un senso di rinnovata speranza a squarciare la cappa di

paura: era la speranza riposta nei vaccini. Ci hanno cambiato la vita, ci hanno sfilato, tenendoci per mano, da un mare in tempesta portandoci a riva. Mi piace che, nei due anni di pandemia, la Nuova è stata sempre

dalla parte giusta, quella della scienza, fornendo un servizio alla comunità, dando informazioni, facendo parlare chi ne aveva e ne ha titolo senza risparmiare critiche a chi, invece, ha voluto vivere una stagione da accademico abusivo sparando sciocchezze o, peggio ancora, facendo azioni sconclusionate a spese della comunità. Ne siamo usciti, rialzandoci con coraggio e operosità, dopo aver dimostrato che questa città crede sempre con convinzione nella solidarietà, a tutti i livelli, dalle istituzioni ai cittadini. Ferrara si è rialzata con lo stesso desiderio di non mollare che aveva già dimostrato un decennio fa. Proprio lo scorso anno, il 20 maggio, dedicammo numerose e bellissime pagine speciali per ricordare i giorni drammatici del terremoto e il

difficile cammino verso la ricostruzione e il ritorno alla normalità.

Allora ci fu una coesione senza precedenti. Forse quello spirito un po’ si è perso, ma non dobbiamo disperare. Per ritrovarlo Ferrara deve solo guardare avanti. Darsi una programmazione che possa disegnare la città del futuro, un’idea che non si esaurisca nei prossimi cinque anni, ma che abbia l’ambizione di durare e lasciare il segno anche fra trenta. Sono certo che Ferrara ce la farà. Mi piace pensare che anche la Nuova abbia già gli occhi puntati verso il domani. Per questo abbiamo puntato negli ultimi mesi anche sui ragazzi, lanciando il progetto Fuoriclasse, rivolto agli studenti delle scuole superiori, per aiutarli ad esprimere loro stessi e a capire le opportunità che offre il territorio. È bello quando il giornale può essere utile uscendo dai confini della carta. Abbiamo puntato anche sul digitale, diventando sempre più social per avvicinare ogni tipo di lettore, per dare a tutti le informazioni utili per essere cittadini consapevoli. È anche questa una delle nostre

missioni: cercare nuovi linguaggi, nuovi codici e canali di informazione, oltre a quelli tradizionali, per raggiungere e informare più gente possibile. Ma questo si può fare solo con una grande squadra, e questo giornale lo è. Dai redattori più esperti, a bordo fin dal primo giorno de la Nuova a quelli più giovani appena assunti, dai fotografi alle decine di collaboratori. Sono loro il cuore del giornale. Ringrazio l’editore, il Gruppo Sae, per avermi concesso il privilegio di lavorare con loro e raccontare la città e per avermi affidato la direzione di un’altra storica testata, La Nuova Sardegna. E ringrazio soprattutto i lettori, il vero patrimonio di questo quotidiano. Sono comunque contento, perché la lascio in buone mani. A guidarla ci sarà Luciano Tancredi, che ha tutta l’esperienza professionale e la qualità umana per portare il giornale sempre più nel futuro. Mi mancherete, tutti.l