Un’altra estate di fuoco, ma si pensa già ai dissalatori portatili
Ecco come Ferrara può salvarsi: parla Stefano Calderoni, presidente del Consorzio di Bonifica Pianura: «Evitiamo una guerra dell’acqua, serve un commissario straordinario»
di Marcello Pulidori
Ferrara Fiumi in secca che assomigliano a deserti, laghi ai minimi storici, neve da cercare col lanternino. L’estate è ancora relativamente distante, eppure la siccità estrema incombe e sta già colpendo il Ferrarese. E non è soltanto un problema agricolo. Per 340mila persone – tra Ferrara e provincia – il rischio è quello di trovarsi con i rubinetti a secco. Uno scenario che evoca contesti che si immaginava di non dover più considerare. E una crisi idrica i cui rimedi non possono più essere rinviati. In questo contesto un ruolo fondamentale gioca il Consorzio di Bonifica Pianura cui sono delegate le funzioni di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue. Il suo presidente è Stefano Calderoni.
Presidente Calderoni, non siamo nemmeno in primavera e già ci troviamo a parlare di emergenza. In giugno cosa faremo?
«Intanto sarà importante valutare come sarà la prossima primavera. Ma i dati ci dicono che ci aspetta un 2023 peggiore dell’anno scorso».
In particolare, quali dati?
«Il 24 febbraio a Pontelagoscuro è stata rilevata una portata di acqua del 30% più bassa rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso».
Può fare un esempio concreto per chi il Po è abituato a misurarlo a occhio?
«Certo. A occhio attualmente nel Po mancano 2 metri di acqua rispetto alla media storica».
Perché ci troviamo in questa situazione?
«Perché progressivamente negli ultimi anni sono drasticamente diminuite sia le precipitazioni nevose che quelle piovose».
Poca neve, poca pioggia: il risultato è poca acqua a nostra disposizione.
«È esattamente così».
Lei ha il polso della situazione quotidiana: cosa dobbiamo attenderci?
«Intanto, formulerei un auspicio, e cioè che non si inneschi una guerra dell’acqua che non avrebbe nessun senso».
Si spieghi meglio.
«La risorsa acqua è indirizzata a usi civili cioè le nostre case, industriali e agricoli. Sarebbe sconsiderato e deleterio per tutti se ognuno di questi settori agisse autonomamente senza pensare al bene collettivo».
Regione, Provincia, Comuni, autorità di bacino: chi decide alla fine?
«Ecco il punto. Il rischio è che alla fine non decida nessuno. Manca la figura di un commissario straordinario con poteri esecutivi, figura peraltro già presente da anni in altri Paesi europei».
Lei l’anno scorso è stato il primo a richiamare l’attenzione della politica sull’ormai famoso “piano invasi”.
«E rinnovo ora questo richiamo. Servono siti nei quali stoccare l’acqua, metterla da parte per quando servirà nei momenti più difficili. Se l’acqua scarseggia occorre costituire delle riserve. Non vedo alternative».
Ma Ferrara rischia davvero di restare com i rubinetti a secco?
«Sulla carta il rischio c’è, ma non si arriverà a questo. Ferrara ha una fortuna: si trova in una posizione privilegiata rispetto ad altri territori».
Perché?
«È un fatto geografico. Qui il livello dell’acqua nel Po è sempre più alto. Ma questo non deve farci pensare di essere al riparto da tutto».
Sarà un’altra estate drammatica per l’agricoltura?
«Non sarà facile».
Cosa può fare il Consorzio che lei presiede?
«Una delle cose più importanti sarà la manutenzione dei canali».
Anche per riciclare l’acqua?
«Certo. Nel periodo più difficile l’anno scorso abbiamo recuperato 300mila metri cubi di acqua al giorno».
Cuneo salino, altro guaio.
«Se servirà useremo dei dissalatori portatili». l