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Ferrara, costretti a pagare per lavorare: “caporale” scoperto dalla Guardia di finanza

Ferrara, costretti a pagare per lavorare: “caporale” scoperto dalla Guardia di finanza

L’uomo faceva da “intermediario” per aziende agricole tra Ferrara e Bologna. Gli operai costretti a versare fino al 50% della paga mensile. In quattro anni ha ottenuto 170mila euro

21 marzo 2023
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Ferrara Prima trovava lavoro ai suoi connazionali in difficoltà e poi si faceva pagare da loro trattenendo fino al 50% dello stipendio che ricevevano. Il sistema attuato da un cittadino di nazionalità pakistana residente nell’Argentano è stato scoperto dalla Guardia di finanza al termine dell’operazione “Al Capone”, articolata indagine coordinata dalla Procura Estense. L’uomo, che tra il 2019 e il 2022 ha ottenuto somme di denaro per oltre 170mila euro, ora dovrà rispondere di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Lo schema

Gli approfondimenti investigativi condotti dalle Fiamme Gialle di Comacchio hanno consentito di ricostruire il modus operandi del “caporale”. L’uomo “arruolava” su richiesta di aziende agricole del Ferrarese e del Bolognese la manodopera necessaria ad assicurare lo svolgimento delle attività agricole stagionali, dalla potatura degli alberi, alla semina, alla raccolta di frutta e verdura. In cambio il cittadino pakistano non chiedeva soldi alle aziende, bensì ai lavoratori costretti a pagargli una sorta di “tangente” quantificata dagli investigatori tra il 40% e il 50% della paga mensile. In media dagli 800 ai 1.200 euro.  I soldi erano una sorta di “ricompensa” per l’attività (illecita) in intermediazione con le aziende, per il trasporto dal domicilio ai luoghi di lavoro e per l’affitto, il più delle volte in edifici fatiscenti e privi dei minimi standard igienici nei territori di Argenta e Portomaggiore. Il sistema, così organizzato e strutturato, ha permesso al “caporale” di accumulare 170mila euro tra il 2019 e il 2022.

Pagamenti

Per assicurarsi di ricevere puntualmente a fine mese il corrispettivo estorto ai lavoratori, il pakistano accompagnava personalmente i propri connazionali ai bancomat degli istituti di credito del ferrarese, dove faceva prelevare le somme di denaro verbalmente pattuite. Le ricostruzioni investigative svolte hanno permesso di accertare l’effettivo sfruttamento dei lavoratori arruolati che vivendo in condizioni economiche precarie e dovendo mantenere nel Paese di origine le proprie famiglie bisognose, hanno dovuto accettare le condizioni imposte loro dal “caporale”, finanche sottostare a turni di lavoro straordinari per incrementare la quota destinata all’“intermediario”.

Prove

Le prove del reato contestato sono state raccolte dagli investigatori delle Fiamme Gialle comacchiesi attraverso una costante attività di osservazione, pedinamento e controllo del pakistano, dall’esame della documentazione rinvenuta e sottoposta a sequestro nel corso della perquisizione dell’abitazione del medesimo e dall’esame dei conti correnti bancari acquisiti e analizzati. Particolarmente interessante e risolutivo ai fini della qualificazione della condotta illecita è stato il rinvenimento dei “libri mastri” sui quali l’indagato era solito annotare in modo sistematico le generalità dei lavoratori gestiti, le ore di lavoro effettivamente prestate e le somme di denaro estorte.