Portomaggiore, quegli spari terribili che uccisero la guardia volontaria Verri
L’8 aprile 2017 nel Mezzano l’agguato di Igor il russo: Ravaglia si finse morto
Portomaggiore Resterà scolpito nel ricordo di tanti quel sabato 8 aprile 2017, quando gli spari, al tramonto, partiti dalla pistola di Igor il russo, alias Norbert Feher, richiamarono l’attenzione di alcuni agricoltori, appena rientrati dal loro podere, nel Mezzano. La vista di un agente della Polizia provinciale, Marco Ravaglia, disteso sull’asfalto, aveva lasciato pensare, in un primo momento, a un incidente stradale con fuga dell’investitore. Ma bastò, purtroppo, ben poco, per scoprire che a pochi passi, dietro ad alcuni arbusti, con la portiera del passeggero dell’automobile della Polizia provinciale ancora aperta, giaceva la sagoma di un secondo uomo, ferito mortalmente da un’arma da fuoco.
Il pluriomicida slavo, ora in carcere in Spagna, ha lasciato dietro sé una lunga scia di sangue: dopo aver freddato Davide Fabbri, barista di Riccardina di Budrio, sentendosi braccato non ha esitato nei giorni successivi a esplodere altri colpi contro Ravaglia, che sopravvisse solo perché si finse morto, e contro Valerio Verri, guardia volontaria di Legambiente di cui oggi ricorre il sesto anniversario della morte.
«Valerio faceva parte, da anni, del servizio di vigilanza ambientale di Legambiente – ricorda Norberto Bellotti, ex presidente del nucleo di volontari che ancora oggi si occupa di controlli ambientali –. Era un volontario appassionato, un profondo conoscitore del territorio, innamorato dell’ambiente. All’epoca io lavoravo in banca a Portomaggiore e Valerio veniva a trovarmi spesso, si sedeva di fronte a me e mi chiedeva se c’erano novità. Quando restava per alcuni giorni senza svolgere servizi di vigilanza, ne sentiva la mancanza. Era la sua vita».
Valerio Verri, che avrebbe compiuto 63 anni il 10 giugno di quell’anno, dopo aver lavorato come operaio nello zuccherificio di Minerbio, in provincia di Bologna, una volta ottenuta la pensione, ha dedicato il tempo libero al suo podere, al suo giardino, ma anche alla collettività, attraverso il volontariato.
«Poche settimane prima del brutale omicidio – prosegue nel suo racconto Bellotti –, con Valerio si era pensato di attivare un servizio ad hoc di controlli nelle Valli di Comacchio. Lui era riuscito a recuperare una barca e io il motore. Restava il problema del trasporto, ma anche per questo Valerio aveva trovato la soluzione, dicendomi che metteva a disposizione il suo camioncino. Venuto a mancare lui, questo progetto è naufragato. Questa è stata l’ultima cosa su cui avevamo discusso assieme».
Altro ricordo Il compagno di controlli di Verri solitamente era l’argentano Fausto Ghesini, che ricorda la terribile chiamata di quell’8 aprile di sei anni fa: «Ero in auto quando mi telefonarono per dire che era stata uccisa una guardia nel Mezzano. Dall’orario capii che era Valerio, ho provato subito a chiamarlo e quando ho ricevuto risposta ho capito... Mi manca tantissimo e non lo dico per esagerare ma lo penso ancora oggi molto spesso. Valerio era una persona in grado di risolvere qualsiasi problema, poi era una presenza assidua e sempre in grado di dare un consiglio giusto. Tutti abbiamo pregi e difetti, ma Valerio era una persona unica, indispensabile. Poi i rapporti andavano anche oltre Legambiente, quando capitavo a Portomaggiore la moglie era sempre pronta con un caffè d’orzo per me e fui io ad aiutarlo a superare il corso per diventare guardia, lo fece a Ferrara nel 2013. Ed era anche un abile organizzatore, faceva sempre la cena dei cacciatori durante l’Antica Fiera di Portomaggiore ed era il primo ad aiutare in cucina. Aveva un cuore grande, specialmente per i bambini».
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