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La riflessione

Final di Rero, la storia perde i pezzi: che errore demolire quel ponte

Giuseppe Muroni
Final di Rero, la storia perde i pezzi: che errore demolire quel ponte

L’infrastruttura sul Volano non c’è più: così si cancella la memoria

18 giugno 2023
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Final di Rero L’abbattimento di un bene architettonico della metà degli anni ’30 del Novecento a Tresigallo, perla del razionalismo italiano, non può lasciare indifferenti, soprattutto se da alcuni anni, nonostante diverse scelte discutibili – si veda la demolizione immotivata, risalente al 2016, della villetta del 1937 annessa al consorzio – le amministrazioni succedutesi hanno iniziato, in modo non sempre coerente, un percorso di salvaguardia degli edifici del ventennio. La scelta di distruggere il ponte rossoniano appare, quindi, una contraddizione in termini: stride l’ambivalenza di fregiarsi di far parte dell’Associazione Atrium, quindi di una rotta europea che si occupa di architetture perlopiù in stile razionalista, e al contempo smantellare il patrimonio che teoricamente si dovrebbe salvaguardare; è ossimorico mostrare le singolarità della Città Metafisica a studiosi e turisti e, all’occorrenza, demolire manufatti del periodo poiché di intralcio; stona partecipare ad importanti convegni (Cambridge, 2018) e corsi di formazione (Forlì, 2017; Carpi, 2019) portando il caso studio di Tresigallo e vedere sotto i propri occhi l’erosione dei beni di cui si parla. Radere al suolo edifici storici è, quindi, una scelta politica, che, come in questo caso, non tiene conto del grado di complessità storico-antropologica in cui si va ad intervenire, né delle esigenze e delle richieste avanzate dalla cittadinanza.

La popolazione locale che ha manifestato il proprio disappunto di recente e in passato, e che è stata tacciata di essere provinciale e conservatrice da alcuni strenui sostenitori del progetto idrovia, non può che essere vittima degli eventi: la decisione di abbattere il ponte è avvenuta ex cathedra, senza un reale coinvolgimento degli abitanti, se non il vacuo ipse dixit affermato da tecnici e amministratori in alcune riunioni informative. Nessun laboratorio di cittadinanza attiva, nessun progetto partecipativo, democratico, inclusivo atto a far sentire ogni individuo parte integrante delle scelte della collettività. Si è assistito ad uno scollamento tra l’establishment (Regione, Provincia, amministrazione comunale) e la popolazione che, probabilmente, avrà ripercussioni sul civismo, sulla sensibilità di una comunità che si è sentita tradita dopo che la promessa avanzata dall’allora sindaco Dario Barbieri – circa il mantenimento e il riposizionamento del ponte sull’isola che verrà costruita – è stata oggi disattesa. Cancellare ex abrupto il simbolo di un paese è un trauma che avrà bisogno di un periodo di elaborazione del lutto, a maggior ragione se i lavori dureranno anni o se, come spesso accade in Italia e a queste latitudini, si interromperanno nuovamente. Sarebbe disonesto intellettualmente addossare tutte le colpe dell’abbattimento all’attuale sindaco di Tresignana Laura Perelli, che ha ereditato un progetto già avviato, ma è altresì vero che il dialogo con gli organi preposti alla tutela dei beni architettonici non ha conosciuto un’accelerazione degna di nota e, nel caso specifico, non è stato attuato un percorso di recupero della memoria e di condivisione del passato comune che avrebbe permesso agli abitanti di edulcorare il sentimento di sradicamento e profanazione. Spero che questo evento funesto faccia riflettere affinché venga implementato il numero degli edifici razionalisti da sottoporre a vincolo e venga adottato, come più volte richiesto, un codice di pratica utile alla salvaguardia di un territorio di pregio troppo spesso sfregiato.l

(docente e storico)