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Migranti a Ferrara, avvertivano dei controlli: «Ma era prassi di Prefettura e Asp»

Daniele Oppo
Migranti a Ferrara, avvertivano dei controlli: «Ma era prassi di Prefettura e Asp»

Le motivazioni dell’assoluzione degli incaricati Martorano e Marzola

31 luglio 2023
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Ferrara Preavvertivano dei controlli nelle strutture dell’accoglienza migranti, sì. Ma perché c’era una prassi definita a livello di vertici amministrativi di Prefettura e Asp, non perché lo avessero deciso loro per agevolare qualcuno. Quanto al resto delle contestazioni si tratta di «condotte rimaste processualmente non riscontrate e, quindi, da reputarsi inesistenti». Sono state depositate le motivazioni della sentenza con la quale il 9 maggio la giudice Sandra Lepore ha assolto, in abbreviato, sia il dirigente della Prefettura di Ferrara Vincenzo Martorano che la ex coordinatrice del servizio accoglienza migranti per conto dell’Asp di Ferrara (una funzione svolta a fronte di un contratto interinale), Valentina Marzola. Per entrambi l’accusa era quella di abuso d’ufficio per fatti compiuti nel giugno del 2018. Fatti che, sentenza alla mano, non sono stati provati.

A gennaio – su eccezione presentata dalle difese, Fabio Anselmo per Martorano e Riccardo Venturi per Marzola – erano state stralciate dal fascicolo le intercettazioni effettuate dalla Guardia di Finanza e che li riguardavano (conversazioni che già i giudici del cautelare avevano considerato non contenessero gravi indizi in tema di responsabilità penale in merito agli addebiti contestati) e anche la procura aveva chiesto per entrambi l’assoluzione. La sentenza rileva come «dagli atti trasmessi non emergano fenomeni di omissione di controllo dei Cas (Centri di accoglienza straordinaria, ndr) e «sia le asserite modifiche fraudolente dei registri-presenza, che l’asserita compilazione non veritiera di una richiesta di permesso per l’allontanamento temporaneo dal Cas risultano, infatti, condotte totalmente sprovviste di riscontri probatori e devono, pertanto, ritenersi processualmente inesistenti. E lo stesso dicasi per le asserite omesse verifiche su dei soggetti percettori di finanziamenti pubblici senza più titolo o sull’assenza di certificato di abitabilità e/o agibilità di un immobile destinato all’accoglienza privo dei requisiti minimi di altezza dei locali ovvero sull’assenza della documentazione prodromica all’ottenimento di finanziamenti pubblici (registri pocket-money) ; anch’esse condotte rimaste processualmente non riscontrate e, quindi, da reputarsi inesistenti».

Un riscontro lo ha avuto invece la pratica di preavvisare dei controlli i soggetti controllati. Ma, rileva la giudice, è stato «accertato che l’ente preposto al controllo era avvezzo avvisare delle verifiche i destinatari dello stesso». A supporto ci sono i verbali delle riunioni in Prefettura del 30 gennaio e 7 marzo 2018 «nelle quali era stato disposto, relativamente alle ispezioni, che le strutture ispezionate fossero avvisate il giorno prima, al fine di assicurare la presenza di un operatore nella sede oggetto di ispezione». Dunque «nessun addebito possa essere mosso agli imputati, trattandosi, nella specie, di una prassi consolidata, frutto di una scelta concordata a livello amministrativo tra i vertici degli enti coinvolti nella gestione del servizio; prassi alla quale, in assenza di prova contraria, si deve ritenere gli stessi si siano conformati in buona fede».

Il processo era uno stralcio di un’indagine più ampia sull’uso dei fondi pubblici da parte di una coop dell’accoglienza, la Vivere Qui, i cui vertici sono stati rinviati a giudizio per i reati di truffa ai danno dello Stato (per circa 400mila euro) e falso. Il processo si aprirà l’11 settembre. l

Daniele Oppo

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