La Nuova Ferrara

Ferrara

Il caso

Ferrara, accusato falsamente ma in carcere per davvero: verrà indennizzato

Daniele Oppo
Ferrara, accusato falsamente ma in carcere per davvero: verrà indennizzato

La figlia lo fece arrestare, dallo Stato 21mila euro

10 agosto 2023
3 MINUTI DI LETTURA





Ferrara Quanto valgono tre mesi di ingiusta detenzione? Ecco: 21.695 euro. Questo quanto i giudici della Corte d’appello di Bologna hanno riconosciuto a un uomo ingiustamente accusato dalla figlia e ingiustamente privato della libertà personale. L’ordinanza è di alcuni giorni fa: l’ingiustizia verrà indennizzata dallo Stato 21.695 euro, ci sono delle tabelle apposite.

Il caso è quello della ragazza marocchina che aveva accusato padre e fratello di averla obbligata a vivere secondo i dettami della religione musulmana, di averla costretta a un matrimonio in Marocco con un cugino, dove era stata tenuta segregata e costretta al lavoro nei campi, minacciata di morte se non avesse seguito i precetti religiosi e le volontà della famiglia. Rimbalzò a Ferrara perché era qui che la ragazza viveva e diceva di voler continuare a fare una vita libera. Fu la Polizia di Ferrara, seguendo le regole del “codice rosso” e la celerità che impone in casi simili, ad arrestare l’uomo e ad applicare il divieto di avvicinamento al fratello, su ordine del magistrato.

Provvedimenti presi sulla base delle gravi dichiarazioni della donna, che poi le indagini successive, condotte sempre dalla questura estense, hanno smontato da cima a fondo: sciolte come neve al sole. Una svolta decisiva l’ha determinata la richiesta del difensore dell’allora indagato, l’avvocato Matteo Sanzani di Bologna, di sentire la donna in incidente probatorio, ovvero nel contraddittorio tra le parti. Lì - in 10 ore e con l’ausilio anche di psicologi - emerse, e cadde, il castello di sabbia su cui si fondavano le accuse: invenzioni pure. Il padre, come ripeteva fin dall’inizio, non l’aveva mai costretta a nulla, mai l’aveva segregata. Non solo le dichiarazioni erano incoerenti, ma anche le prove erano contrarie: l’uomo, per sua fortuna, conservava passaporti e biglietti aerei: nessuno coincideva con i tempi dei viaggi millantati dalla figlia. L’analisi dei tabulati telefonici dimostrava ancora di più come nulla del racconto di chi l’accusava potesse coincidere con la realtà. L’unica cosa accertata è stata uno schiaffo ricevuto dal fratello: lei voleva andare in discoteca, lui le aveva detto di non farlo, lei ci andò lo stesso e il fratello, non vedendola a casa, andò nel locale, dove in effetti era andata con le amiche. E le diede un ceffone davanti a loro. Deprecabile ma non un reato di maltrattamenti o peggio.

Alla fine, come raccontavamo su La Nuova il 20 luglio scorso, l’uomo è stato scagionato e scarcerato, la figlia accusata di calunnia. Ma intanto per lui, in meno di un mese, tra il 3 e il 31 dicembre, si era già disgregato un pezzo importantissimo della sua vita italiana, che perdura da ben 35 anni, non solo per la perdita della libertà personale: permesso di soggiorno revocato, azienda e partita Iva chiuse. Il tutto sulla base di accuse false, riconosciute come tali, e nessuna prova.

Basteranno ora 21.695 euro per ripartire? l

Daniele Oppo

© RIPRODUZIONE RISERVATA