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L’officina del Ferrara Buskers Festival

Gian Pietro Zerbini
L’officina del Ferrara Buskers Festival

Incontro con Stefano Bottoni, ideatore della manifestazione musicale internazionale: «È qui in via Montebello che nel 1987 è nato tutto, con gli auguri di Lucio Dalla»

13 agosto 2023
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Ferrara Il cancello a lato del sagrato della chiesa di Santo Spirito, al civico 34 di via Montebello, è come un sipario di metallo che quando si apre ti fa entrare in un mondo di ricordi e testimonianze.

È il mondo di Stefano Bottoni e del suo Buskers Festival, la manifestazione che ha inventato e che, a distanza di 36 anni, tra pochi giorni tornerà nelle vie e nelle piazze di Ferrara con musica, allegria e partecipazione.

È lì, in quell’angolo di centro storico tra il verde di un bel giardino, che sorge la vecchia officina, luogo di lavoro artigianale di tre generazioni di fabbri: nonno Stefano, papà Carlo Celio e Stefano che a dire il vero le mani le ha consumate più su altri strumenti che sugli arnesi per lavorare i metalli. Passando dalla forgia alla chitarra. D’altronde, come ha ben detto il segretario regionale della Cna, il centese Diego Benatti, proprio in una recente intervista alla Nuova Ferrara «i vecchi mestieri non muoiono, si evolvono». E Stefano Bottini ha prodotto un’evoluzione del tutto singolare alla sua professione di fabbro: forgiando, saldando e plasmando più musica che ferro, facendo più concerti che cancelli. Un creativo che ha inventato un giochino che sembra l’uovo di Colombo, ma è stato il primo a regolamentarlo e a renderlo unico nel suo genere.

In questi tempi agostani, a pochi giorni dall’inizio del Buskers Festival, l’incontro con Bottoni diventa ormai un’istituzione e un rito, quasi come la cerimonia del Ventaglio o la processione per l’Assunta, perché l’ideatore dei Buskers ha sempre qualcosa di nuovo da raccontare dei suoi lunghi trascorsi come papà - ma vista l’età ormai si può dire senza timore di essere irriverenti - come il nonno del festival.

Il timone, non senza il consenso del consiglio direttivo, l’ha passato da qualche anno alla figlia Rebecca, diventata presidente. Stefano ricopre invece ancora quel ruolo di simbolo e memoria storica di uno degli eventi internazionali ferraresi più belli e popolari.

Come è nata questa passione per i buskers? Lo spiega proprio con uno dei suo ormai classici lunghi preamboli. «Mi è sempre piaciuta la musica e suonare uno strumento - racconta in modo appassionato - così quando a Parigi nel 1983 davanti al Centre Pompidou ho visto un gruppo che suonava in strada con la gente che ascoltava, mi si è acceso un file.

La molla vera è nata però nel 1986 quando mi trovavo in via San Romano e rimasi colpito da un giovane che suonava e attorno si era formato un capannello di gente. Ad un ceto punto lo spettacolo fu bruscamente interrotto dall’intervento dei vigili urbani che sloggiarono il suonatore non senza le proteste mie e del pubblico. Proprio questa interruzione di un’emozione ha dato in me la spinta per pensare di rendere legali, senza dover fare sloggiare a forza i suonatori, queste esibizioni musicali in strada. Così ne parlai con Dario Franceschini, allora consigliere comunale e capogruppo della Dc, che mi disse che ne avrebbe parlato al sindaco Roberto Soffritti. Proprio il primo cittadino un anno dopo mi chiamò nel suo ufficio, tra lo stupore mio per l’inattesa convocazione, e mi comunicò che gli piaceva il progetto di fare un festival dei Buskers e che il Comune si faceva promotore dell’iniziativa.

A spingerlo in quella decisione, mi confermò, era stata la vista proprio di alcuni buskers suonare in strada durante una sua visita istituzionale negli Stati Uniti a New York. Per fortuna non pioveva quel giorno e il sindaco vide i musicisti attraversando a piedi la strada. Se fosse piovuto invece non saremo qui a parlare del Buskers Festival. Dopo la “benedizione” di Soffritti, grazie ad un gruppo di amici ben affiatato, abbiamo organizzato la prima edizione del festival nel 1988 e poi non ci ha fermato nemmeno in covid, pur con un’edizione particolarmente limitata e ridotta come quella allestita in emergenza nel 2020».

L’officina - dove tutto è nato e sul quel tavolo dove Bottoni scriveva appunti, idee e pensieri sul suo festival in procinto di pender il volo come una mongolfiera dei Balloon’s - si è trasformata in un open space dove ci sono ancora le vecchie morse, usate come percussioni da Lucio Dalla durante una sua visita nel novembre 1987, alcuni mesi dopo la fondazione dell’associazione festival. Uno dei primi artisti a cui Bottoni confidò la sua idee, trovando incondizionato consenso.

Ci sono damigiane vuote di vetro, che fanno un effetto Murano accanto ad un tavolo con un giradischi e tanti 45 giri in vinile, tra cui un Lucio Battisti decisamente d’annata e tanti quadri alle pareti con musicisti di strada che hanno riempito con la loro musica le strade e le piazze del centro storico ferrarese in tanti agosti passati. Sembra un piccolo museo che ti fa immergere in una dimensione di gioioso amarcord.

«Questo posto - conclude Bottoni - ha ricevuto la visita di tanti artisti famosi, da Mikis Theodorakis, a Franco Mussida della Pfm, è un po’ il mio luogo di ispirazione. È qui che è nato il Buskers Festival. In pochi credevano a questo progetto, quando in un’idea ti ridono dietro e ti prendono in giro, è un complimento, perché vuol dire che nessuno ci ha pensato prima».l

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