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Il caso

Il porno a sette anni

Giovanna Corrieri
Il porno a sette anni

È l’età dei primi accessi ai siti hard: una precocità devastante per l’educazione sessuale dei ragazzi. Ma basta il “parental control”?

30 agosto 2023
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«Gli studi parlano di sette anni come età media del primo accesso dei bambini a contenuti porno ed è evidente che le tecnologie hanno moltiplicato il fenomeno in modo esponenziale. Anche perché in campo tecnologico i figli sono molto più bravi e aggiornati dei genitori, che dunque si sentono spesso disarmati e impotenti». Alla luce degli stupri di gruppo a Palermo e Caivano, è tornato di recente nel dibattito politico il problema dell’accesso precoce alla pornografia e la necessità, nelle scuole, di più educazione alla sessualità. Il primo l’ha sollevato la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Eugenia Roccella («non perché ci sia ogni volta necessariamente un nesso di causa-effetto, ma perché il tema esiste e dobbiamo porcelo, dobbiamo discuterne come stanno facendo in molti Paesi del mondo»); fornendo alcuni dati la ministra ha anche ricevuto il sostegno del pornodivo e produttore Rocco Siffredi che si è scagliato contro i siti gratuiti e a libero accesso. La necessità di una maggiore educazione alla sessualità invece l’ha sottolineata il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara e prevede, tra le altre cose, corsi di formazione specifica sulla parità di genere e lezioni che dovranno prevedere un forte coinvolgimento anche degli studenti, in ottica di peer education, o educazione tra pari.

Intanto gli esperti richiamano i genitori al loro ruolo. I sistemi per monitorare l’attività online dei figli infatti non mancano, sebbene possano essere aggirati. Sicuramente sotto i 12 anni esiste il cosiddetto “parental control”, il sistema che una volta attivato sul dispositivo elettronico permette al genitore di monitorare o bloccare l’accesso a determinate attività da parte del bambino, oppure di vedere la cronologia degli accessi che ha effettuato durante la navigazione e di limitare il tempo di utilizzo dei dispositivi elettronici. Se i figli sono un po’ più grandicelli invece bisogna sempre tenere presente che la privacy, comunque di un minore, non deve prendere il sopravvento su una maggiore libertà concessa. Per questo, raccomandano anche gli psichiatri, i Pin e le password devono essere condivisi con i genitori. In generale comunque il consiglio è quello non di “sorvegliare” quello che un figlio fa ma piuttosto osservare. Vigilare l’attività online dei figli è peraltro d’obbligo, quando si tratta di minori. E dai 14 anni in poi, ricordano gli esperti di sicurezza cibernetica, c’è anche l’imputabilità e quindi i figli diventano responsabili di quello che fanno, e questo va loro spiegato