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L’analisi

Ferrara, lo sport resta senza acuti. Ma la base si conferma assai solida

Marco Nagliati
Ferrara, lo sport resta senza acuti. Ma la base si conferma assai solida

L’indagine Pts fotografa lo stato dell’arte. I crolli di Spal e basket retrocedono Ferrara

12 settembre 2023
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Ferrara Nella forma, quattro passi indietro. Nella sostanza tre in avanti. È l’eterna contraddizione dei numeri che vanno letti e non subìti. Ragione e sentimento. L’indagine Pts (profit to share) sullo stato di salute dello sport italiano (città per città setacciate: diffusione e qualità dei sistemi sportivi territoriali), pubblicata da tradizione da “Il Sole 24 ore”, fa perdere una manciata di posizioni a Ferrara rispetto all’anno scorso: ora la città è 56ª rispetto alla 52ª di dodici mesi fa.

Ben trentadue gli indicatori presi in esame, suddivisi in quattro categorie: nel paniere si va dalle strutture sportive agli sport di squadra, da sport e società alle discipline individuali. Ferrara si colloca nel mezzo dello stivale, tra le 107 realtà esaminate. Chiude con 383,2 punti, contro i 1.000 secchi di Trento che si colloca alla guida del Paese. Seconda Trieste (801,6) e terza Cremona (780,1). Ultima Isernia con 129,1 punti.

In teoria, insomma, sotto l’ombrello degli Este si naviga nel grigiore della nebbia padana. In realtà la dimensione sociale della pratica sportiva cittadina è in crescita. Sotto la superficie, il movimento si consolida in quelle voci che danno una dimensione al vivere civile: sensibilità negli investimenti, attenzione alla formazione e ai bambini. Nonché tasso di praticanti. Tutti indicatori in aumento. Perché allora siamo in recessione rispetto al 2022? Perché privi dell’eccellenza, dell’acuto professionistico che nell’indagine Pts conta per metà della valutazione. Sì, ci manca la qualità. La retrocessione della Spal (in ventiquattro mesi o poco più dalla Serie A alla Serie C), la scomparsa del Kleb Basket (a marzo s’è ritirato dalla A2) e la crisi pluriennale del volley penalizzano la città. Così come non avere un individualista di punta impedisce di scalare la graduatoria. In fondo queste statistiche sono semplici: basta avere uno Jacobs piuttosto che un Tamberi, una Goggia oppure uno Sinner e galoppi verso il podio. In questo, al momento, Ferrara paga dazio: nessun club che emerge ai massimi livelli (l’autoretrocessione dell’Ariosto pallamano in A2 è un handicap).

Epperò, ragionando in termini di tessuto sociale, la devastazione Covid sta per essere brillantemente assorbita. Un campione nasce toccato da una buona stella (fortunata casualità), un movimento globale è frutto di un’infarinatura di altro spessore: programmazione, tenacia, passione. Investimenti. E qui, Ferrara se la gioca: se sprofonda a livello individuale, emerge nel senso della collettività. Nella resilienza e nella ripartenza dopo la pandemia legata al coronavirus che ha bloccato per almeno un anno e mezzo qualsivoglia attività. Nella diffusione amatoriale, nel sentimento di maggiore attenzione nei confronti dei giovani. All’ombra del castello, dipingono i dati della Pts, inclusione sociale e valorizzazione urbana sono indiscutibilmente vicini ai massimi livelli nazionali. Nove posizioni guadagnate alla voce “sport e società”, tre nel settore “strutture sportive”. Dai, niente di nuovo: lo sport di base a Ferrara ancora funziona (calcio dilettanti a parte: la crisi è netta), manca la punta dell’iceberg. La soluzione del problema chiama in causa l’imprenditoria: investire in un club per coltivare il giardino dell’élite è volontà di regalare qualcosa alla comunità. l