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La scelta

Ferrara, Moni Ovadia lascia la direzione del Teatro Comunale

Ferrara, Moni Ovadia lascia la direzione del Teatro Comunale

La decisione è arrivata dopo le sue dichiarazioni sulla politica di Israele

16 ottobre 2023
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Ferrara Moni Ovadia lascia la direzione generale del Teatro Comunale Abbado di Ferrara. La decisione è stata presa in queste ore e verrà ufficializzata nei prossimi giorni ma l’attore e regista ormai ha scelto: si dimetterà venerdì. Le dimissioni arrivano dopo che la sua posizione nei confronti della politica di Israele, verso la quale è da sempre critico, ha creato scompiglio a livello politico. In una intervista ai giornali del Gruppo Sae (la Nuova Ferrara, Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio Emilia, Tirreno) l’ormai ex direttore artistico dell’Abbado aveva espresso la sua opinione senza filtri sul conflitto in atto. Immediate le critiche e le richieste di dimissioni, soprattutto da parte di Alberto Balboni, senatore ferrarese di Fratelli d’Italia.

L’INTERVISTA DA CUI E’ SCATURITA LA POLEMICA

«L’attacco è frutto della politica di Israele, ora evitare l’eccidio». L’ebreo Moni Ovadia: «Gaza resa un inferno»

di Alice Benatti

«Tutto questo è generato dalla decennale politica di Israele, che sottopone i palestinesi a condizioni di vita a dir poco infernali. E questa esplosione, probabilmente, è il loro tentativo di dare segno di sé stessi».

È domenica pomeriggio e Moni Ovadia ci risponde a telefono dalla sua casa mentre le voci dei famigliari restano in sottofondo.

«Certo – premette – tutti noi proviamo un sentimento di solidarietà per le vittime, israeliane e palestinesi, oltre che un senso di angoscia per i sequestri. Ma non si può ignorare il contesto all’interno del quale sono scaturiti gli eventi di questi giorni: i palestinesi di Gaza vivono dentro una “scatola di sardine” sigillata che vede gli israeliani controllare i confini marittimi, lo spazio aereo, persino acqua ed elettricità. Non per niente l’Onu aveva già dichiarato Gaza non

abitabile».

Per l’intellettuale ebreo, artista poliedrico e uomo di sinistra, che nel 2021 a Ferrara è stato chiamato da una giunta leghista a dirigere il Teatro Comunale, «allora è ovvio che le continue vessazioni, gli arresti amministrativi, le irruzioni notturne nelle case, la colonizzazione da parte di 700mila coloni delle terre di legittima proprietà dei palestinesi, siano culminati in un’esplosione di rabbia e di violenza». «Perché tutti – dice – aspirano a sentirsi liberi anche solo per un giorno». Il futuro, secondo Ovadia, rischia di assumere presto toni ancora più cupi. E già si contano un migliaio di morti, più di 700 israeliani e oltre 300 palestinesi. «La reazione israeliana di questo governo ultraconservatore (di Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele dal 29 dicembre 2022 e precedentemente dal 2009 al 2021 e tra il 1996 e il 1999, ndr) potrebbe diventare un eccidio di proporzioni fuori dalla portata di chi vuole cercare di riprendere il senso delle cose. E sappiamo chi sono i morti: non i terroristi ma i civili, uomini, donne, vecchi e bambini».

Poi una domanda che gli dà il tormento: «Dove andremo a finire andando avanti così?». E punta il dito contro una comunità internazionale che non solo «non è in grado di intervenire con autorevolezza per trovare una soluzione definitiva a questa situazione» ma è anche ipocrita perché «mentre ora solidarizza con Israele non si è mai indignata per la violazione dei diritti umani dei palestinesi». «Anche le voci più lucide in Israele sanno che tutto questo proviene da una cecità nei confronti della situazione» conclude, citando poi l’articolo pubblicato sul quotidiano israeliano Haaretz dal giornalista Gideon Levy, che scrive: «Ieri già parlavamo di spazzare via interi quartieri di Gaza, di occupare la Striscia di Gaza e di punire Gaza “come non è mai stata punita prima”. Ma Israele punisce Gaza dal 1948, senza fermarsi un attimo. 75 anni di abusi e il peggio l’attende adesso. Le minacce di “appiattire Gaza” dimostrano solo una cosa: che non abbiamo imparato nulla. L’arroganza è destinata a durare, anche se Israele ha ancora una volta pagato un prezzo elevato».