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Don Silvano Bedin i ricordi di 26 anni, domani lascia Pontelagoscuro

di Gian Pietro Zerbini
Don Silvano Bedin i ricordi di 26 anni, domani lascia Pontelagoscuro

Lascia il comune di Ferrara, il suo prossimo ministero a Bondeno

21 ottobre 2023
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Pontelagoscuro Per quasi 30 anni ci sono state tre certezze a Pontelagoscuro. Una sono i “Mandurlin dal Pont”, il dolce tipico che testimonia la tradizione ferrarese di questo lembo di terra sulle rive del Po, formato da gente operosa e generosa. La seconda è la “Crescia connection”, come la chiamano scherzosamente gli stessi marchigiani, ed è rappresentata da quella comunità che si è stabilita a Ponte dopo il trasferimento da Cabernardi nelle Marche per la chiusura delle miniere nei primi anni Cinquanta del secolo scorso. Una comunità altrettanto operosa e generosa che ha saputo integrarsi alla perfezione con i ferraresi dando slancio in termini di idee, lavoro, solidarietà e volontariato allo sviluppo di Pontelagoscuro. La terza certezza è rappresentata da don Silvano Bedin per 26 anni parroco della popolosa frazione (oltre a 7 anni in precedenza da cappellano), un vero punto di riferimento per tutti, credenti ed atei, e proprio qui sta la vera grandezza di questo sacerdote.

Domani don Silvano celebrerà l’ultima messa da parroco di Pontelagoscuro perché il vescovo Gian Carlo Perego gli ha affidato l’incarico di arciprete di Bondeno. Al suo posto è già arrivato don Luciano Domeneghetti, proveniente da Ostellato e frazioni.

Per capire il legame di don Silvano Bedin con Pontelagoscuro in questi lunghi anni basta citare qualche numero significativo: circa 3.000 funerali celebrati, 1.110 battesimi, 250 matrimoni.

Don Silvano, la terza certezza di Ponte è in partenza. Si aspettava questa “sorpresa” decisa nei mesi scorsi dal vescovo Perego?

«Pontelagoscuro ha sempre visto i suoi parroci vivere, spendersi e morire nel paese. Mons. Zanaboni, Mons. Cavallini, Don Giuseppe e così anch’io pensavo di arrivare alla fine del mio ministero, nel luogo dove ho vissuto la maggior parte della mia vita. Devo dire che, lasciare una famiglia dove conosci le persone e appena le vedi ti appare il libro della loro vita e non devi leggerlo perché è già nella tua memoria avendo condiviso tutti i momenti della vita con loro, e iniziare in un luogo che non conosci, con tante persone che per te sono pagine bianche, senza una parola, e dove non c’è nessun tipo di memoria, di immagini, di passione, è un po’ contro natura. Ma, forse sono queste le sfide che il Signore ci chiede quando dice in Marco 8, 34-35 “chiunque vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. E allora, con tanta sofferenza, obbedisco a quello che mi dice il Pastore della mia Chiesa certo che la sofferenza condivisa diventa più sopportabile.

Un bilancio di questi lunghi anni trascorsi a Pontelagoscuro?

«Ventisei anni volati via come un soffio, dove insieme a cappellani sapienti e generosi, abbiamo celebrato, vissuto, curato, amato, sofferto. La prima cosa di cui mi resi conto fu la grandissima responsabilità di essere parroco. Soprattutto verso le anime delle persone e verso le persone stesse, nel loro vivere sia la sofferenza della malattia che quella della povertà, poi verso i ragazzi e i giovani. I problemi della burocrazia da svolgere come parroco non mi hanno pesato molto perché ho sempre trovato collaboratori straordinari che mi hanno aiutato. Partimmo, allora, con il completamento del nuovo oratorio, appena iniziato da don Giuseppe, la costruzione della cappellina, la sistemazione del tetto e delle grondaie della chiesa e del tetto perché ho sempre trovato collaboratori straordinari che mi hanno aiutato. Iniziammo ad aiutare i poveri che aumentavano con l’arrivo di tanti stranieri, e la conferenza della San Vincenzo di Pontelagoscuro con l’aiuto di alcuni collaboratori fondò pian piano la Caritas- San Vincenzo di Ponte. La cosa più bella per me, e penso per ogni sacerdote, poi, è avere vissuto due ordinazioni sacerdotali quella di don Andrea Pesci e di don Fabio Ruffini. Capisci che il Signore lavora veramente e tu collabori, almeno, nel non far spegnere queste vocazioni che nascono con la provvidenza del Signore. Potrei continuare con la bellezza dei campi estivi, dei momenti di vita vissuta coi ragazzi, giovani, con le famiglie…. Quante cose!!! Ancora …, l’impegno, a dire il vero non solo mio, di avvicinare quelli che pensavi fossero i più lontani proprio per vivere da pastore in mezzo a tutti indistintamente come dice papa Francesco».

Momenti belli, certamente, ma ci sono state anche sofferenze che la vita purtroppo riserva. Non è facile affrontarle…

«È verissimo. Appena parroco, alcuni funerali che mi segnarono per sempre, con persone giovani e legate alla parrocchia, fra tutte quella di Luca Scagnolari: aveva solo 8 anni. Poi la scomparsa di collaboratori che erano davvero le colonne della parrocchia. E ti accorgi, che più sei legato alle persone che poi ti lasciano, più soffri, ti interroghi e metti alla prova la tua fede».

Sono stati anni molti intensi anche sul piano della carità, a quanto pare deve essere una virtù di famiglia quella di aiutare i più bisognosi?

«Ho incontrato e avvicinato e sostenuto tanti poveri perché come dice il vangelo di Matteo 19,21 “se vuoi essere perfetto va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi”. Qualche amico ha calcolato che se avessi tenuto per me tutto questo denaro mi farebbe oggi più che milionario, ma allora come dice mio fratello: “il vangelo si fa benedire!”. Poi in questi ultimi anni mi hanno affidato come unità pastorale due “perle”, la parrocchia di S. Pio x e la parrocchia di Casaglia. Con le loro attività e il loro entusiasmo hanno dato ancora di più forza nel mio agire pastorale.

Che messaggio lascia alla gente di Pontelagoscuro?

«Ho il desiderio di stringervi tutti al mio cuore perché ho sperimentato che mi avete voluto bene e mi avete amato nonostante tutti i miei difetti e, purtroppo, non so come ricambiarvi». l