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Goro, l’incubo del sale nel Po: «Dobbiamo evitare il disastro naturale»

Marcello Pulidori
Goro, l’incubo del sale nel Po: «Dobbiamo evitare il disastro naturale»

Sull’agricoltura incombe lo spettro del cuneo

27 ottobre 2023
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Goro Non bastavano i già tanti problemi legati al cambiamento climatico. Ora ad agitare i sonni degli agricoltori, e alla fin fine di tutti, arriva anche il cuneo salino. Che l’ingresso dell’acqua di mare nel Po stesse diventando un incubo per un territorio che vede coltivati qualcosa come 40mila ettari nel solo distretto idrografico del Po, erano anni che ce lo dicevano. Primi tra tutti gli esperti. Gli stessi che ieri mattina nella sede della Struttura Oceanografica Daphne, a Goro, hanno annunciato gli scenari che ci attendono e ipotizzato le possibili soluzioni, assodato che con l’acqua salmastra non si possono irrigare i campi.

Il jolly invasi Soluzioni, si diceva. Una, su tutte: la creazione di invasi per stoccare l’acqua, “magazzini” a cielo aperto, laghetti o laghi più grandi scavati dalle mani dell’uomo in cui “mettere in frigo” la risorsa idrica. Poi usarla da aprile a ottobre quando i campi vanno irrigati. Concetti semplici per progetti complessi. Tanto da necessitare di anni e anni di studi. La terribile siccità che ogni estate rischia di bruciare i terreni è la prima causa di questa innaturale risalita del mare lungo il corso del fiume, dal delta all’entroterra, dove nell’estate del 2022 si è insinuato addirittura per 30 chilometri. Lo ha detto chiaramente, dopo i saluti del sindaco Marika Bugnoli, uno dei massimi esperti, il direttore generale di Arpae Emilia-Romagna, Giuseppe Bortone ricordando come «il mare si incunea, appunto, perché la massa di acqua dolce del Po, “uccisa” dalla siccità, non fa da barriera».

Ci sono poi specifiche colture a rischio. Prendiamo il riso, messo a dura prova dall’incognita dell’estate e dalla concentrazione di acqua salata che può raggiungere le risaie. Ma questo, come gli esperti ieri hanno ben spiegato, non è che uno dei problemi. Francesco Tornatore, dell’Autorità di bacino del Po, è stato altrettanto diretto: «Il cuneo salino sarà un problema con cui dovremo convivere, e contro cui dovremo combattere, ancora molto a lungo. È quindi necessario immaginare anche nuovi sistemi di irrigazione».

Nei casi più severi, hanno aggiunto gli altri relatori, è possibile che anche gli acquedotti vadano in contro a problemi di approvvigionamento, visto che queste strutture non sono di norma equipaggiate con impianti di dissalazione. Ultimo, ma non per importanza, è anche l’impatto ambientale causato dalla massiccia presenza di acqua salata: questa può difatti compromettere gli equilibri degli ecosistemi del Delta, danneggiando flora e fauna.

L’intrusione salina nel Delta del Po è insomma un fenomeno di grande rilevanza, che negli ultimi anni è aumentato per frequenza e intensità. In particolare nel 2022 abbiamo assistito a un’ingressione di acqua salata verso l’entroterra particolarmente significativa a seguito della scarsità idrica eccezionale e della conseguente ridotta portata del fiume. Il cuneo salino può porre seri problemi di approvvigionamento idrico, sia per gli usi agricoli sia per quelli idropotabili (i nostri rubinetti) con importanti conseguenze economiche, sociali e ambientali. Ieri mattina, ed è stato il principale traguardo cui si è teso, gli esperti di Arpae hanno presentato gli studi tecnico-scientifici fin qui svolti in Emilia-Romagna e aperto nuove riflessioni sulle prospettive.

Nell’aprire i lavori, prima di salutare i convenuti per l’imminente arrivo del prefetto a Goro, il sindaco Marika Bugnoli aveva ricordato che «questo territorio conosce bene la drammaticità di fenomeni preoccupanti come il cuneo salino avendo affrontato, e affrontando anche oggi, problematiche altrettanto drammatica come ad esempio quella del granchio blu». l