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L’inchiesta

Ferrara, la rettrice di Unife e altri tre sotto indagine per i macachi

Daniele Oppo
Ferrara, la rettrice di Unife e altri tre sotto indagine per i macachi

Dopo l’esposto di Animal Defenders e Limav, la procura fa luce sulle condizioni di vita dei primati non umani non adoperati nelle sperimentazioni scientifiche. Le difese: “Tutti gli animali sono stabulati a norma di legge”

13 novembre 2023
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Ferrara La rettrice dell’Università di Ferrara, Laura Ramaciotti, il suo predecessore Giorgio Zauli, il professor Luciano Fadiga – noto per le ricerche sui neuroni specchio -  e Ludovico Scenna, veterinario componente dell’Organismo preposto al Benessere Animale dell’Università di Ferrara, sono indagati dalla procura di Ferrara in un’indagine sulle condizioni di vita dei macachi usati per la sperimentazione scientifica.
 

L’ipotesi di reato è quella di abbandono di animali, che punisce, stando alla lettera del codice penale, «chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze». L’indagine coordinata dal pm Andrea Maggioni deriva da un esposto per l’ipotesi di reato di maltrattamenti (che non sembra avere avuto alcun riscontro) presentato nel 2021 dall’avvocato David Zanforlini per conto delle associazioni animaliste Animal Liberation e Limav (Lega Internazionale Medici per l'Abolizione della Vivisezione). Un’inchiesta parallela è stata aperta anche a Parma.
 

La questione è relativa alle condizioni di detenzione dei macachi non oggetto di sperimentazione. Secondo le associazioni, e su questa linea si muovono anche gli inquirenti, per legge gli animali non utilizzati nelle ricerche scientifiche devono essere mantenuti in condizioni che siano compatibili con la loro etologia. Questo non avverrebbe nello stabulario di Unife, dove gli animali in questione sarebbero privati di condizioni di vita “naturali”, a partire dalla luce, fino alle interazioni sociali, o il mantenimento in gabbia.
 

“Tutti gli animali sono stabulati a norma di legge all’interno di strutture universitarie pienamente autorizzate allo scopo dal Ministero della Salute” scrivono in una nota gli avvocati Marco Linguerri, che assiste Ramacciotti e che la settimana prossima sarà ascoltata dal pm, e Giovanni Zauli, che assiste l’ex rettore e il prof. Fadiga, oggetto negli anni precedenti anche di violenti attacchi da parte di attivisti animalisti per via delle sue ricerche con gli animali. “Tutto quello che riguarda l’attività di ricerca biomedica su animali viene svolto in piena osservanza della legge ed è sottoposto a costante vigilanza da parte degli organi preposti che hanno sempre constatato la regolarità dello stato di cose – prosegue la nota -. Ciò doverosamente premesso si riserva di procedere a norma di legge nei confronti di chiunque si renderà responsabile della divulgazione di notizie infondate e, come tali, profondamente lesive dell’onore e della reputazione dell’Ateneo di Ferrara e dei suoi rappresentanti”.
 

La questione potrebbe essere molto importante anche per il futuro della ricerca biomedica in Italia, che, come nel resto del mondo, si avvale del “modello animale” per sperimentazioni biomediche che finora non hanno trovato valide alternative – si pensi allo studio del cervello, come avviene proprio con i macachi – perché il mantenimento in condizioni di vita più “naturali” per gli animali da sperimentazione richiede ovviamente un maggiore impiego di risorse economiche che le Università e gli istituti di ricerca non dispongono. Questo “limite”, per quanto dall’indubbio valore dal punto di vista etico, potrebbe creare problemi alle future sperimentazioni, senza un intervento del legislatore e della politica che favorisca e finanzi magari la creazione di strutture ad hoc. L’ultimo importante intervento in materia risale al 2014 con il recepimento della nuova normativa europea sulla sperimentazione animale (quella delle “3R”, che è stata resa ancora più rigida in Italia, con, ad esempio, il divieto di allevare ai fini della ricerca scientifica animali come cani, gatti e primati non umani (e tra loro vi sono proprio i macachi), cosa che costringe i centri di ricerca a comprare e importare dall’estero tali esemplari, quando ritenuti necessari: una situazione potrebbe forse arrecare più danni che benefici al benessere di tali animali.