La Nuova Ferrara

Ferrara

In tribunale

Indagine sull’accoglienza a Ferrara: il giudice decreta l’archiviazione

Daniele Oppo
Indagine sull’accoglienza a Ferrara: il giudice decreta l’archiviazione

Il difensore di don Bedin: «Controlli doverosi, noi sempre stati sereni»

03 dicembre 2023
2 MINUTI DI LETTURA





Ferrara Gli interrogatori e i documenti sono stati gli elementi fondamentali anche per la giudice delle indagini preliminari Silvia Marini che alcuni giorni fa ha accolto la richiesta di archiviazione dell’indagine sulle coop dell’accoglienza.

La giudice, nel proprio decreto, richiama in toto i motivi che hanno spinto il sostituto procuratore Andrea Maggioni a chiedere, quasi un mese fa, l’archiviazione per quasi tutti gli indagati nell’indagine bis sulla destinazione dei soldi per l’accoglienza, nella quale si ipotizzava una truffa ai danni dello Stato: rimangono fuori, stralciati, solo gli amministratori della Vivere Qui.

Archiviati, dunque, Angelo Lucio Bruno, presidente della cooperativa Airone (poi fusa nella coop Matteo 25), Antonio e Alessio Calzavara della Aps Anah e della coop Eccoci; Paola Castagnotto del Centro Donna Giustizia; Daria Tassoni, legale rappresentante dell’Hotel Lupa; Ruggero Villani legale rappresentante delle coop Matteo 25, presidente della coop Meeting Point; don Domenico Bedin, presidente del Cda di Meeting Point (sino al 31 luglio 2020) , rappresentante dell’associazione Viale K e del Gruppo locale mons. Filippo Franceschi; l’ex assessora comunale alla Politiche sociali Chiara Sapigini, dal dicembre 2019 rappresentate della Filippo Franceschi; Luca Zamorani titolare dell’agriturismo La Torre e, infine, Adelina De Luca della cooperativa Una vita da mediano.

«Siamo sempre stati sereni in merito all’esito del procedimento - afferma l’avvocato Giampaolo Remondi, che assiste don Domenico Bedin, forse l’indagato più in vista anche per via delle polemiche politiche -. Si è trattato di indagini doverose: sono soldi pubblici ed è giusto capire dove vanno e se vengono spesi bene. Da parte nostra abbiamo fornito tutti gli elementi per dimostrare che i soldi li abbiamo spesi peri fini per i quali ci erano stati dati: l’assistenza alle persone più bisognose».

Il pm aveva riconosciuto l’uso dei fondi in conformità con lo scopo della loro assegnazione, aveva però censurato eticamente Tassoni, Zamorani e De Luca che con parte di quei fondi avevano, nelle loro rispettive attività, costruito una piscina, comprato una Alfa Romeo Stelvio, autoassegnata uno stipendio molto elevato.  l