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Moria di negozi a Ferrara, la commerciante: «Capire cosa si compra dà valore alle cose»

Annarita Bova
Moria di negozi a Ferrara, la commerciante: «Capire cosa si compra dà valore alle cose»

II clienti: «In rete si risparmia». I commercianti: «Non è così»

10 dicembre 2023
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Ferrara Che sia un bottone di madreperla da pochi centesimi o una giacca in cachemire da centinaia di euro, il vero lusso è poter scegliere, vedere, toccare. Capire cosa si sta acquistando e dare il giusto valore. Perché comprare in un negozio fisico invece che online? La domanda, fatta e rifatta, si è ormai nascosta dietro quelle che sembrano banalità, ma che alla fine raccontano uno spaccato della società nuovo e difficile. Certamente triste, dove tutti provano in qualche modo a restare a galla.

L’antica merceria Pesaro, sotto i portici del Listone in piazza è “Dal 1875 al vostro servizio”. Le vetrine e le porte in legno, centinaia di scatole della migliore passamaneria e le sorelle Anna e Rosanna che in poche decine di metri fanno i salti mortali per capire e quindi cercare e trovare soluzioni. «Il negozio era di papà, che adesso deve fare 101 anni – spiegano -. Lavorava in circa 400 metri quadri e avevamo di tutto. Siamo cresciute qui, potremmo indovinare le stoffe ad occhi chiusi». Su Amazon 50 bottoni in “conchiglia di madreperla” da 15mm costano circa 8 euro. Arrivano direttamente a casa, volendo se ne possono prendere anche la metà. «È che a me ne servono due – spiega una cliente -. Poi ho bisogno del filo colorato per attaccarli, ma quello resistente però e anche della tonalità giusta». Da dietro al bancone è tutto più chiaro: ci vuole pazienza, passione, competenza. Perché ci può mettere anche mezz’ora per un acquisto da due euro. Una cliente dal colbacco blu entra in bottega con in mano un piccolo nastrino rosa antico. Le sorelle Pesaro lo guardano, lo studiano e alla fine trovano quello serve, tra tutte quelle scatole di cartone ingiallito. Bisognerebbe passare un’ora in quel negozio per capire come va il mondo. Dalla coppia distinta che arriva con un cane levriero così da prendere le misure per la pettorina, alla bambina che ha bucato la felpa e la mamma che cerca una toppa. Un luogo meraviglioso, pieno di storia e di storie. Ma il mondo va di fretta, non ha tempo di aspettare, chiacchierare, guardare. E non per scelta: la maggior parte delle volte è una necessità.

Abbigliamento

Mirò è un piccolo negozio di abbigliamento all’inizio di via Mazzini. La proprietaria un’icona del commercio. Il suo settore è tra quelli che più soffre la concorrenza spietata dell’online e restare a galla è difficile. «Ho due negozi – spiega -. Questo piccolino e poi la Liu Jo, in piazza». Da Mirò «ogni pezzo è unico. Quando scelgo, evito di prendere marche che propongono la merce anche online e soprattutto vado incontro al cliente. Su internet un maglione costa meno? Bene, ormai anche io un piccolo sconticino lo faccio sempre. Però vede, qui ogni capo si può toccare, accarezzare, capire. E soprattutto provare. Quante volte abbiamo visto una gonna bellissima in foto o in vetrina e poi una volta indossata l’abbiamo subito scartata? E viceversa. Ormai dopo anni e anni so capire cosa sta bene e cosa no, quali colori proporre. Non ci si deve abituare al tanto, al troppo, all’ostentazione. La qualità, l’eleganza, lo stile…Il resto è fumo negli occhi. Gli outlet delle migliori marche propongono merce che non è rimanenza del negozio, ma capi fatti apposta per la grande distribuzione. Ha iniziato Armani, gli sono andati dietro tutti». L’abbigliamento per bambini è quello che maggiormente soffre la concorrenza. Poter spendere tanto per un pantalone che verrà indossato pochi mesi non è da tutti. «Ma i genitori vogliono le firme. Così vengono, provano, fanno le foto di nascosto e dicono “ci pensiamo un attimo”. Io lo so che poi vanno su internet e cercano l’offerta. Ma cosa ci posso fare? Ormai è così da anni. Non c’è più rispetto, è difficile lavorare». E aggiunge «c’è chi riesce a entrare e uscire dal negozio senza dire mai buongiorno o buonasera. Hanno in mano gelati, patatine, stanno attaccati al telefono. Questo perché ognuno viaggia da solo, ma in ogni settore».

Clienti

Le ragioni di chi ha il negozio da una parte, quelle dei clienti dall’altra. A tutti piace vestire bene, avere la borsa bella e sentirsi così meglio, è inutile negarlo. Ma i soldi non ci sono. La tredicesima verrà spesa in bollette e lo stipendio per tutto il resto. Online si trova di tutto, a prezzi accessibili. «Mio figlio vuole le Nike, le Jordan – fa presente Daniele -. Abbiamo fatto un giro per i vari negozi e poi le abbiamo trovate con il 30% di sconto direttamente sul sito della Nike. Se siamo entrati a provarle in un negozio? Sì. Ma non le abbiamo mica poi prese al mercato nero eh…». «Su Amazon prendo di tutto – racconta Claudia, che fa l’avvocata -. Faccio arrivare la roba direttamente in studio e se non mi piace la rimando indietro. Non è vero che non aiuto i piccoli negozi perché, solo per fare un esempio, per Natale per i miei clienti ho preso dei barattoli di crema di pistacchio da una piccola azienda siciliana, che è online ed ha investito anche su quello. L’online non è il male assoluto, la grande distribuzione è molto, molto peggio». l

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