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Ferrara, il neurochirurgo nella sala digitale con robot, visori e stampanti 3D

Ferrara, il neurochirurgo nella sala digitale con robot, visori e stampanti 3D

Il professor De Bonis spiega gli sviluppi della disciplina. Nell'ospedale Sant'Anna si sviluppano l’attività mininvasiva e anche gli interventi con paziente sveglio. «Abilità e competenza decisivi ma bisogna attrarre i giovani»

11 dicembre 2023
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Ferrara Bisturi e realtà aumentata. Le abilità e le competenze umane si sposano oggi, sempre più, con la tecnologia avanzata per aumentare precisione e affidabilità degli strumenti di lavoro, fino ai robot, e minimizzare il danno per il paziente. Pasquale De Bonis ha bruciato le tappe molto in fretta e ha raggiunto quello che per molti ricercatori è il traguardo di una vita – la cattedra da ordinario – a 41 anni. Dieci anni fa è stato assunto dal Sant’Anna, ospedale che fa assistenza ma anche ricerca, per riempire il vuoto lasciato all’improvviso da un neurochirurgo esperto come Giuseppe Maida.

De Bonis ha 44 anni ed è il più giovane professore ordinario di Neurochirurgia in Italia. È direttore della Neurochirurgia mininvasiva, l’unica in regione ad adottare questa metodica, ed è stato già riconosciuto fra i “top italian scientists”. Una sua collega, Alba Scerrati, anche lei docente Unife del Dipartimento di Medicina traslazionale e per la Romagna, è la più giovane professoressa associata d’Italia di Neurochirurgia. I due collaborano con cinque colleghi e col direttore, Michele Alessandro Cavallo, in un reparto dove letteralmente si entra nella testa del paziente.

«Operiamo cervello e colonna a seguito di traumi e, in molti casi, di tumori. Quando dobbiamo agire in particolare sulla testa non sempre il robot ci può essere d’aiuto – spiega De Bonis – Abbiamo comunque potuto sviluppare tecniche, come la chirurgia mininvasiva, che consentono di ridurre il tempo dell’intervento, i rischi e anche le tracce visibili; all’interno dell’organo, però, non sempre è possibile contenere l’impatto prodotto dall’attività chirurgica».

La chirurgia mininvasiva richiede una grande abilità e competenza ma anche una conoscenza approfondita dell’anatomia umana. Per raggiungere molto velocemente tumori e altre patologie (ernie, traumi) fra la base del cranio e la seconda vertebra cervicale, De Bonis ha messo a punto un intervento (denominato “approccio De Bonis”) che ha trovato proseliti a livello internazionale e che ha richiesto – per essere elaborato – frequenti e prolungati consulti con gli specialisti di otorinolaringoiatria, racconta il neurochirurgo, ma anche un’immersione totale nello studio dell’anatomia di quel distretto del corpo.

«I robot non possiedono ancora un feedback di sensibilità tale da poter essere considerati veramente affidabili in interventi di questo tipo. Vengono usati e con buoni esiti in altri casi, come le biopsie cerebrali, ma credo che nel giro di 2-3 anni queste macchine così sofisticate potranno essere utilizzare molto più frequentemente anche nel mio campo», prevede De Bonis. Il reparto ha dato il suo contributo su due progetti finanziati col Pnrr: uno sulla chirurgia del glioblastoma (un progetto coordinato con l’Istituto neurologico Besta, di Milano), l’altro sull’ulteriore sviluppo della simulazione in chirurgia per affinare l’addestramento.

De Bonis sta collaborando con la società Wear, specializzata nella produzione di strumenti digitali, per creare visori che possano assistere l’operatore durante tutti gli interventi neurochirurgici, compresi quelli a paziente sveglio introdotti al Sant’Anna dal direttore, Michele Cavallo, un ambito specialistico che non ha molti emuli in Italia. «Nel nostro reparto siamo stati i primi al mondo ad aver sviluppato un modo per operare tumori nelle aree della sensibilità facendo svolgere alcune azioni (feedback sensitivo)ai pazienti», aggiunge De Bonis. In questo modo si può evitare un danno al paziente agendo in tempo reale.

Il reparto esegue circa 700 interventi e 4mila visite ambulatoriali all’anno. Gli specialisti, periodicamente, effettuano visite specialistiche negli ospedali del Delta e di Cento. Uno degli orizzonti che si sta avvicinando è quello della realtà aumentata. E Ferrara, prima in Italia, sta puntando sull’uso dell’ecografo in Neurochirurgia: De Bonis ha creato una metodica ecografica per operare i pazienti con trauma. L’obiettivo è aumentare la resa di tecnologie affini, come Risonanza magnetica e Tac: l’ecografo restituisce immagini reali che garantiscono una visione dello stato dell’organo più precisa, argomenta il neurochirurgo, rispetto a quanto può fare un navigatore digitale. Anche la stampa in 3D trova applicazione in questa disciplina. «Oggi si possono stampare parti del cranio che possono essere inserite con ottimi risultati su un osso operato, sia per la forma dei bordi che per la curvatura ricostruite», aggiunge De Bonis.

Purtroppo, conclude lo specialista, risulta oggi più difficile, anche in questa specialità, attrarre professionisti giovani: «Compensi troppo bassi anche rispetto all’estero, dove un neurochirurgo viene pagato anche più di un milione di euro l’anno (come negli Usa), e il contenzioso legale (un chirurgo in Italia rischia una causa penale mediamente ogni 200 interventi e una civile ogni 150) scoraggiano chi è interessato a specializzarsi in questo campo e a lavorare nel settore pubblico. L’alternativa di andare a lavorare all’estero o di spostarsi sul privato sottrae oggi ai nostri ospedali importanti e insostituibili risorse».

Gi.Ca.

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