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La sentenza

Ferrara, lavorare sul trenino: «Un patto scellerato»

Alessandra Mura
Ferrara, lavorare sul trenino: «Un patto scellerato»

Solaroli condannato: «Proposta legata alla degenerazione dei rapporti politici nella Lega»

19 dicembre 2023
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Ferrara L’offerta di un lavoro come hostess del trenino Ferrara City Tour alla consigliera Anna Ferraresi da parte del collega di partito Stefano Solaroli era «collegata alla degenerazione del rapporto politico all’interno del partito locale della Lega, che vedeva nella Ferraresi una delle più strenue oppositrici critiche alla linea della dirigenza». Non certo una premura nei confronti di un’amica insoddisfatta del suo attuale impiego, come sostenuto da Solaroli nella sua difesa, ma una vera e propria «prospettazione di un "patto scellerato"» che vedeva uno scambio tra un posto a tempo indeterminato da 1.400 euro al mese e le dimissioni della consigliera scomoda; il tutto inserito «in un contesto politico esacerbato dal conflitto tra la dirigenza e gli oppositori, nel quale le voci critiche venivano sottoposte a pressioni con mezzi non sempre urbani al fine di isolarle indurle a tacere, ovvero a uscire dalla compagine politica». In sintesi, scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza di condanna in abbreviato a 2 anni e 8 mesi di Solaroli, quella proposta ha un nome nel codice penale, e si chiama istigazione alla corruzione. L’atto del giudice restituisce un quadro di rapporti degradati all’interno del gruppo leghista, con i consiglieri ribelli Ferraresi, Luca Caprini, Catia Pignatti e Francesca Savini (e poi anche Alcide Mosso) riuniti nella chat whatsapp "Sisters&Brothers" «al fine di condividere il disagio rispetto alla linea politica» della dirigenza «rappresentata dal vicesindaco Nicola Lodi, da Stefano Solaroli e Benito Zocca».

Contrasti costati a Ferraresi aspri rimproveri da parte del vicesindaco che, convocandola nel suo ufficio, e alla presenza di Solaroli e Zocca, «l’aveva apostrofata come una rompicazzi». È il questo clima che, nel novembre 2019, Ferraresi riceve da Solaroli la richiesta di un incontro, mezz’ora prima dell’inizio di una seduta di commissione. Su consiglio degli altri ribelli, Ferraresi registra tutto, e dal colloquio, scrive ancora il giudice, emergono chiaramente i presupposti di un "pactum sceleris": la scelta di Solaroli infatti «era ricaduta sulla Ferraresi poiché "rompiscatole", sì da volersela togliere dai piedi»; così come non depone a favore di Solaroli «la sollecitazione alla Ferraresi a mantenere il riserbo sulla proposta», perché in caso contrario c’era «il rischio di "bruciarlo"».

E per inviarle i moduli per l’assunzione, le chiede di fornirgli un indirizzo mail non istituzionale "perché quella lì se uno vuole la guardano tutti". E poco importa se le premesse dell’offerta fossero fallaci (non c’era incompatibilità con la carica di consigliera, così da rendere necessarie le dimissioni, e la Ferraresi non aveva i requisiti per il ruolo, a cominciare dalla conoscenza della lingua inglese): la proposta era stata prospettata come "seria" e tale da provocare un turbamento nella consigliera (messa di fronte a una scelta da compiere e al rischio di accettarla), ma soprattutto serviva a «indurre la consigliera comunale, nella sua qualità di pubblico ufficiale, a non proseguire il suo mandato, dando le dimissioni dalla carica, così orientando le proprie scelte discrezionali alla luce di interessi personali, anziché quelli della collettività». Ecco dunque che Ferraresi viene indotta in tentazione: "C’è bisogno di una hostess che accolga le persone che vanno sul trenino, che gli spieghi un po’ come funziona", dice Solaroli nel colloquio registrato; "tante persone farebbero la bava a questo posto(...) tu lo sai l’inglese?". E alla risposta negativa di Ferraresi ("io sono sempre stata negata per l’inglese") la rassicura: "Vabbé però insomma è un attimo... a imparare dieci parole". E, più avanti: "Ma vabbé ...good morning...good night (...) "non devi fare dei trattati".

E Ferraresi abbozza: "Mi prendo su il vocabolario". Seguono le rassicurazioni sul fatto che si tratti di un contratto a tempo indeterminato e si sottolinea il benestare di vicesindaco ("Nicola è d’accordo. "Quando gli ho detto questa cosa qua...lui è d’accordo"), e sindaco ("Ne ho parlato con Alan, mi ha detto: se a lei va bene, non ho problemi"». E se, scrive ancora il giudice, le indagini non hanno appurato se spendere i nomi di Lodi e Fabbri fosse un atto svolto «con cognizione» o per «pura millanteria», in ogni caso «è lo stesso imputato a trattare la questione a un livello politico e non di meri rapporti interpersonali o di amicizia». Infine, nessuna attenuante è stata concessa a Solaroli, che «non ha mai fatto passi indietro, né manifestato alcun segno di resipiscenza», e nel corso dell’interrogatorio «non ha inteso chiarire aspetti rilevanti al fine del completo accertamento del fatto e delle responsabilità».