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Ferrara, figli e più vita: «Benvenuta settimana corta»

Marco Nagliati
Ferrara, figli e più vita: «Benvenuta settimana corta»

Tra gli allievi dell’Istituto Cappellari dopo l’iniziativa-rompighiaccio di Areajob. «Sì al giorno in meno, anche con impegno più concentrato e a stipendio ridotto»

22 dicembre 2023
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Ferrara Viaggio nella generazione di mezzo, venticinquenni/trentacinquenni, in fase di ingresso o di prosecuzione con traiettorie differenti nel mondo del lavoro. «Siamo gli spartiacque tra la generazione dei nostri genitori con processi codificati e quella futura» sussurrano. Istituto Cappellari, qui dove si forma la forza lavoro del futuro. Il laboratorio ideale per discutere e riflettere sull’argomento del giorno: la settimana corta lavorativa. Quattro giorni su sette con 32 ore anziché 40. Apripista a Ferrara l’agenzia Areajob, che da gennaio 2024 darà il via al percorso di stile scandinavo. Flessibilità di orari e di giorni, con stipendio pieno. Organizzazione aziendale a rotazione. Da Cappellari si respira aria di Natale, ci si prepara alla foto di gruppo. Sorrisi. Ma anche studio. Nell’aula quattro affrontano volentieri l’argomento gettato sul tavolo. Sono ragazzi e ragazze, donne e uomini in rampa di lancio. Nel loro caso amministrazione e gestione di impresa. Qualcuno è anche già impegnato in stage: studi di commercialisti, aziende, elaborazione paghe. Li segue Stefania Ballardini: «Tutti si stanno inserendo in una nuova dimensione professionale». Jessica Talmelli ha 35 anni, un figlio. Accoglie caldamente l’idea della settimana corta: «Lavorare di meno non significa avere meno voglia. Si può lavorare meno, lavorare tutti. Le aziende magari possono anche assumere qualche persona in più e così si contrasta la disoccupazione. Credo però che debba cambiare la mentalità degli imprenditori e anche la politica dovrà mettere in campo processi seri e ben studiati». «Da quando sono mamma cerco una quotidianità migliore - aggiunge Jessica -: non avrei paura, nel caso, a fare qualche ora di lavoro in più sapendo che poi ho diversi giorni per me e la famiglia. Il rischio di guadagnare meno? Chi ha figli, ad esempio, risparmierebbe in baby sitter». Annuisce convinta Federica Rizzi: «Sì, la settimana breve sarebbe una gran cosa soprattutto per le donne. Abbiamo sempre tanto da fare anche a casa.

L’ho provato sulla mia pelle. E se hai più tempo per te, quando vai al lavoro rendi di più. Alla peggio preferisco concentrare più ore in quattro giorni pur di avere quasi metà settimana per me». Esiste dunque il rischio stress? In altre parole concentrare in 32 ore quanto si dovrebbe produrre in 40... «Fattibile grazie ad una buona organizzazione - suggerisce Mattia Cavalieri -: serve uno studio. Di sicuro la sfera privata ne gioverebbe. Conciliare lavoro e famiglia non è sempre semplice. Non temo un surplus di lavoro e, comunque, se le aziende assumessero qualcuno in più sarebbe perfetto. Se uno è più riposato può certamente aumentare la sua produttività». Davide Bresciani non nasconde i vantaggi, anche personali: «Penso alla mia ragazza, che lavora sei giorni con notturni e festivi inclusi. A fronte di maggiore libertà un extra orario di lavoro si sopporterebbe diversamente. Vale la pena provarci, poi trarre le conclusioni. Immagino indispensabile uno studio di fattibilità in Italia. Ma staccare la testa per un tempo maggiore è davvero necessario». Irina Simchuk è ucraina, in Italia da cinque anni. Tutti vissuti a Ferrara. La sua è una riflessione a largo raggio: «Una possibilità di questo genere sarebbe meravigliosa a livello umano e nei rapporti all’interno della propria famiglia. Le aziende però di solito guardano ai risultati e non allo stato psicologico dei lavoratori. Nessun dipendente si lamenterebbe se aumentassero i carichi di lavoro a fronte di un giorno in più di riposo: ci sarebbe tutto il tempo per recuperare. E avere la mente libera migliora la produttività.

Se lavori tanto, poi gli impegni extra professione crescono e di conseguenza lo stress. Tutti hanno bisogno di lavorare, ma anche di avere una vita».