La Nuova Ferrara

Ferrara

In tribunale

Ferrara, picchiato dal figlio della compagna: «Ho finto di svenire, non sarei qui»

Daniele Oppo
Ferrara, picchiato dal figlio della compagna: «Ho finto di svenire, non sarei qui»

Un 43enne condannato a 2 anni e 8 mesi per lesioni e stalking aggravati

10 gennaio 2024
3 MINUTI DI LETTURA





Ferrara Partiamo dalla pena: 2 anni e 8 mesi di reclusione, già ridotti per la scelta del rito abbreviato, senza sospensione condizionale, e con una provvisionale di 5mila euro da pagare a favore della parte civile. I reati sono due: stalking aggravato nei confronti del compagno di sua madre e lesioni per averlo brutalmente malmenato cagionandogli traumi e fratture alla testa, peraltro col rischio non piccolo di fare di peggio, avendo usato una tale violenza nei confronti di una persona da poco colpita da infarto. L’autore di tale impresa è un ferrarese di 43 anni,

giudicato ieri in rito abbreviato dal giudice dell’udienza preliminare Carlo Negri. Ciò che più colpisce è l’aggressione fisica verso il compagno della madre, un uomo ultrasessantenne, avvenuta il 18 gennaio dell’anno scorso. Quel giorno l’imputato si è avvicinato all’automobile dell’uomo e lo ha tirato fuori di peso, colpendolo con estrema violenza al capo e al volto. «Lui fa kung fu, ho fatto finta di essere svenuto, se no non sarei qui», ha raccontato ieri l’uomo al termine del processo. Però non è finita. Perché se il 43enne si è allontanato dopo aver visto la sua vittima esanime a terra, ha anche sentito che chiudeva lo sportello e metteva la sicura. Allora si voltato, è tornato indietro, ha sfondato il finestrino e ha ripreso a picchiarlo con violenza. La cartella clinica recita: «Politrauma con frattura dell’ala sfenoidale sinistra e frattura scomposta ala nasale, multiple contusioni facciali». Prognosi: 30 giorni. Ma perché questa rabbia? Il motivo scatenante, se così lo si vuole definire per semplificare, sembra essere stata la cacciata di casa da parte della madre, seguito di continue e ormai intollerabili tensioni.

Casa frutto di eredità dal precedente compagno e alla quale lei aveva rinunciato a beneficio proprio del figlio, ma che occupava insieme al compagno in attesa dell’affidamento di un alloggio popolare, che di lì a breve sarebbe arrivato. Da qui in poi l’imputato ha però iniziato a perseguitare la coppia per alcuni mesi, fino al febbraio 2023, con offese, ingiurie, minacce anche di morte e di lesioni: «Ti do tante di quelle botte che spererai di morire», «ti spezzo le gambe, ti rovino la macchina» e poi «esci da casa mia e dammi le chiavi». E poi appostamenti, danneggiamenti dei beni della coppia. Insomma quanto basta per portare entrambi a vivere in uno stato d’ansia costante, a modificare le proprie abitudini, al punto da decidere di assumere addirittura delle guardie giurate per garantirsi l’incolumità. Ieri l’udienza, dunque, con l’imputato, difeso dall’avvocato Giovanni Montalto, che ha provato a spiegare la violenza con un accesso di rabbia e la parte civile, assistita dall’avvocato Vincenzo Bellitti che si è opposta a tale lettura, per così dire, riduttiva di una vicenda più corposa e complessa. Il pm Andrea Maggioni alla fine aveva chiesto una condanna a 2 anni e 4 mesi di reclusione, pena già ridotta di un terzo per il rito, ma il giudice ha deciso che la condotta del 43enne meritasse condanna un po’ più alta: 2 anni e 8 mesi.