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Ferrara, sui dehors i ristoratori si dividono: «Ne servono di più», «No, troppi»

Francesco Gazzuola
Ferrara, sui dehors i ristoratori si dividono: «Ne servono di più», «No, troppi»

Un viaggio tra i locali del centro storico dopo la provocazione dello chef Bottura . Le strade trasformate in “tavolinifici” aiutano le attività ad attirare clienti

12 gennaio 2024
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Ferrara Massimo Bottura è sempre capace di lanciare provocazioni, culinarie e verbali. In cucina o nelle interviste lo chef modenese stimola gli animi alla riflessione, talvolta ponendosi in controtendenza al parere generale con idee all’insegna dell’innovazione, esattamente come i suoi piatti. L’ultima uscita che ha fatto discutere riguarda il commento al traguardo che l’Emilia Romagna ha raggiunto nella classifica del gusto. Secondo il sito internazionale specializzato “Taste Atlas” la nostra regione può vantare la seconda cucina migliore al mondo (il primato spetta alla Campania) e Bologna ha ottenuto la medaglia d’argento come città in cui si cucina meglio grazie a specialità come le tagliatelle alla bolognese, le lasagne e il ragù. In Emilia Romagna le eccellenze enogastronomiche continuano a essere un traino per il turismo, ma attenzione ai pericoli che si corrono. Secondo lo chef titolare dell’Osteria Francescana (3 stelle Michelin), infatti, il rischio nascosto del binomio turismo-cibo è che «le città si trasformino in una distesa di tavoli», dunque ha ammonito: «Si punti sulla qualità, anche nei cocktail invece di dare i centri storici in mano agli ubriachi, trasformandoli in “tavolinifici”». Un’affermazione, quindi, che può essere letta come una stoccata a quei ristoranti che estendono il proprio locale fuori dalle quattro mura con dehors per ospitare clienti anche all’esterno: una pratica, secondo chef Bottura, che sta diventando eccessiva e il cui pericolo è, ovviamente, di sacrificare la qualità del cibo in favore della quantità di coperti raggiunti. In merito, le opinioni dei ristoratori ferraresi si dividono tra chi condivide la linea di Bottura e chi punta senza remore ai grandi numeri, con qualche eccezione più moderata. Secondo Marco Paganelli, titolare del ristorante e pasticceria “Leon d’Oro”, «mettere più tavoli di quelli che la propria cucina riesce a sostenere non è produttivo. Spesso però in certi locali polivalenti i tavolini salvano il bilancio: o si aumentano i posti a sedere o il locale chiude. Ma è successo anche di non riuscire a supportare un certo quantitativo di tavoli a causa dell’eccessivo afflusso o delle problematiche interne, quindi a volte ho deciso di ridurre le distese - ammette - : se il personale non è in grado di soddisfare a pieno le esigenze di tutti i clienti è doveroso fare un passo indietro per offrire comunque un servizio di qualità. È anche capitato di chiudere il reparto caffetteria per supportare la ristorazione. In un locale polivalente è importante saper bilanciare i vari servizi che si offrono: non propongo mai la ristorazione sui tavolini all’esterno perché supererebbe la capacità della cucina».

Per Ennio Occhiali, ristoratore di “Cusina e Butega” «i dehors andrebbero aumentati perché le persone preferiscono nettamente mangiar fuori quando c’è la bella stagione. Noi non abbiamo una distesa enorme, una trentina di coperti compresi nei 180 posti totali e devo addirittura mandare via tanta gente. Il servizio dipende dall’organizzazione e dal personale di cui si dispone: io ho 26 dipendenti e non intendo più allargarmi. Per la capienza della cucina e dei servizi siamo al massimo ma comunque adeguati alle nostre capacità. A proposito di stellati, Igles Corelli – chef con 5 stelle Michelin originario di Argenta, ndr – viene a mangiare i cappellacci qui da me tutte le volte che è a Ferrara».

Sara Rambaldi di “Antica Trattoria Max” è fermamente «d’accordo con Bottura. È tutto diventato una grande sagra e questo dequalifica la peculiarità di un ristorante. I tavolini ad ogni angolo erano positivi post Covid, in un momento di necessità, ma quando l’emergenza è terminata doveva esserci un ridimensionamento che non è avvenuto». Ora, chi rispetta il ridimensionamento rischia addirittura di essere svantaggiato e di fare meno coperti di coloro che, invece, continuano ad espandersi: «Dipende da quale target si vuole attirare – spiega Rambaldi – il nostro è un cliente medio che spesso ci sceglie perché Ferrara sta seguendo la moda degli aperitivi tralasciando la vera ristorazione. Noi non ci siamo adeguati allo “stavolinamento” e abbiamo deciso di non usufruire dello spazio nella piazzetta nonostante ci fosse stato proposto e già assegnato: una scelta per cui siamo stati criticati ma noi non proponiamo una “ristorazione sui ciottoli”».

C’è invece chi, in piazzetta della Luna, si sta espandendo a vista d’occhio: «Qui preferiamo la quantità – afferma un dipendente della “Locanda 22” – seppur non trascurando la qualità: il primo piatto deve essere identico al centesimo servito al cliente. Il nostro locale è composto da due sale principali, da una veranda e, con la primavera inoltrata, incominciamo a mettere fuori i primi tavolini fino ad arrivare a giugno che raggiungiamo la capienza completa di 300 coperti».

Dall’altra parte della piazza, poi, il nuovissimo “Streat”: «Il nostro non è un ristorante – precisa il titolare, Leonardo Schiavoni – quindi mi interessa certamente di più fare numeri rispetto ad un certo tipo di preparazione».

«Bisogna lavorare sulla qualità non sui numeri – sostiene deciso Giorgio Zanichelli, titolare di “Osteria I Quattro Angeli” – altrimenti danneggi l’immagine del locale. Tra dentro e fuori abbiamo circa 80 coperti: oltre alle sale interne ci hanno concesso lo spazio nel Giardino delle Duchesse, oggi chiuso per lavori, e la veranda. I dehor sono una situazione bellissima: sedersi di fronte al Castello è il massimo che un cliente possa chiedere. Se ci fosse la possibilità mi espanderei ma sempre con l’idea di lavorare bene».

Catia Sovieri di “Hostaria Savonarola” è ampiamente soddisfatta della capienza del proprio ristorante: «Ho 100 coperti più la distesa fuori e più di così non saprei dove andare, non riesco ad allargare i muri. Inoltre, penso che espandendosi aumenta il rischio di creare un disservizio».

Massimo Cappelli, titolare dell’omonimo ristorante e panificio, cerca di fare chiarezza: «Non vedo le parole di Massimo Bottura come una critica. In qualsiasi cosa non bisogna cadere nell’eccesso pur di fare business e ristorazione, altrimenti si rischia di abbassare la qualità e di creare isole di degrado. Dobbiamo invece valorizzare la città con le nostre cucine preservando l’eccellenza di questi paesaggi e monumenti nel rispetto di tutti coloro che vivono il centro storico. Tra quantità e qualità non esiste per forza un binomio: si può mangiare male anche in un ristorante con 10 coperti». l

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