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Dosso, alla Tecopress lunedì sarà sciopero: «Noi trattati come degli oggetti»

Marcello Pulidori
Dosso, alla Tecopress  lunedì sarà sciopero: «Noi trattati come degli oggetti»

La mobilitazione davanti ai cancelli dello stabilimento in via Statale. L’azienda chiede il licenziamento di 72 lavoratori. I sindacati: «Siamo in vendita»

26 gennaio 2024
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Dosso Strano destino quello della Tecopress di Dosso. In nemmeno due anni la situazione si è completamente ribaltata. Il 20 maggio 2022 la visita in pompa magna del governatore Bonaccini, oggi l’azienda che chiede la procedura di licenziamento per 72 operai (sul totale di 164 dipendenti). E ieri, in un pomeriggio freddo nei cuori e nelle menti, sindacati e lavoratori si sono dati appuntamento davanti ai cancelli dello stabilimento di via Statale per urlare il proprio no ai piani dichiarati dall’azienda. E per mettere nero su bianco le prime decisioni: apertura immediata dello stato di agitazione, e sciopero di 8 ore programmato per lunedì con 3 presidi ai cancelli dello stabilimento. Questa fabbrica metalmeccanica, pezzo storico del tessuto imprenditoriale dell’alto ferrarese, che produce componenti stampati in alluminio per motori e che annovera tra i propri clienti Ducati e Ferrari, fatturato annuo che oscilla tra i 50 e i 60 milioni, vive il momento più difficile della sua storia. «Un fulmine a cielo sereno – hanno detto ieri Alberto Finessi per la Uil, Patrizio Marzola per la Cisl e Stefano Bondi per la Cgil – una vera doccia gelata che nessuno si attendeva, lavoratori in primis». Eppure è accaduto. L’azienda accampa le sue ragioni e parla di “crisi del mercato”. Per questo mesi fa si è ricorsi alla cassa integrazione che scadrà il prossimo 2 febbraio. Sul piazzale di via Statale non si consuma soltanto il dramma di lavoratori che rischiano di perdere il posto ma anche quello, per certi versi molto più pungente, di persone ultracinquantenni i cui bilanci familiari subiscono uno scossone ragguardevole.

A fronte della richiesta di procedura di licenziamento presentata dai vertici dell’azienda, i sindacati rispondono con la «necessità di attivare contratti di solidarietà almeno per 24 mesi. La Tecopress – ricordano i sindacalisti – nel momento in cui è stata in crisi ha ricevuto aiuti pubblici e ora questo è il trattamento che riserva ai propri lavoratori».

Le istituzioni Cgil, Cisl e Uil non ci vanno per il sottile: «Chiediamo – dicono – di coinvolgere immediatamente tutte le istituzioni a cominciare dal Comune di Terre del Reno e dal suo sindaco per arrivare alla Regione. Chiediamo sia convocato un Consiglio comunale straordinario e un tavolo permanente in Regione come primi tasselli di un percorso. La politica non può chiamarsi fuori».

Lo sconcerto Tra coloro che ieri hanno voluto significare anche il quadro a tinte fosche che riguarda alcune situazioni personali c’è stata Franca Rana, della rsu Fim Cisl di Tecopress la quale non nasconde particolari non di dominio pubblico all’interno della fabbrica: «Chi saranno i 72 individuati per i licenziamenti? Purtroppo in particolare saranno donne – chiarisce senza mezzi termini Franca – quelli che i vertici di quest’azienda hanno in più occasioni definito come incollocabili».

Il direttore dello stabilimento Tecopress, Paolo Bergamini ogni giorno parte da Vigarano Mainarda dove risiede per raggiungere il suo ufficio alla Tecopress, qui a Dosso, anche se gli ultimi contatti con i sindacati non sembrano essere stati particolarmente fruttuosi. Si vedrà.

Uno scenario C’è, infine, lo scenario cui i sindacati assegnano maggior credito e cioè l’ipotesi, che nelle ultime ore si è rafforzata, che l’attuale proprietà abbia già raggiunto un accordo con un potenziale acquirente della Tecopress, acquirente il cui sì finale sarebbe però subordinato al dimezzamento del personale. Da questo punto di vista i conti tornerebbero. Resta la grave incertezza in cui si trovano decine di famiglie. La Tecopress opera dal 1971. Nel 2012 il terremoto l’ha devastata causando la morte di un suo operaio. Dieci anni più tardi l’azienda – di proprietà della famiglia Dondi di Cento – aveva inaugurato la nuova sede, salutata come una rinascita. Che ora stride dolorosamente con l’annuncio di 72 licenziamenti.