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L’inchiesta

Ferrara, «perdere il cinema e l’università un danno per il quartiere e la città»

Ferrara, «perdere il cinema e l’università un danno per il quartiere e la città»

La chiusura di Uci Cinemas. Preoccupazioni e speranze a Darsena City

23 febbraio 2024
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Ferrara Nel giro di quattro anni, fra il 2004 e il 2008, le due insegne della Multisala di Darsena City – prima Cinestar, poi Uci Cinemas – cancellarono il piccolo arcipelago di sale generaliste che fino ad allora avevano consentito al pubblico ferrarese di godere delle novità e dei capolavori della settima arte.

Venti anni dopo – come una nemesi – è l’annunciata uscita di Uci Cinemas dalla piazza estense a tenere banco e a suscitare più di qualche preoccupazione tra chi frequenta la galleria della Darsena e teme che la scomparsa del cinema possa ulteriormente indebolire la capacità di richiamo di una struttura commerciale e di servizio che non ha mai attecchito veramente in città. Un danno anche per il quartiere, che si sta risollevando dopo anni di abbandono e di degrado. Negli ultimi 2-3 anni a Darsena City si sono insediate nuove attività che si sono affiancate – anche grazie ai contenuti canoni di affitto – a quelle più mature, come il supermercato.

Ai piani superiori si incontrano gruppi di ragazzi che approfittano della presenza di tavoli e sedie per fare comunella. Ma anche una sala di studio dove si fermano studenti e altri giovani che amano «il silenzio che qui non ti distrae – spiega Giulia Piccolo, 20 anni, iscritta a Matematica – Siamo tutti rimasti stupiti dalla notizia, nelle sale del cinema oggi si tengono lezioni universitarie e, comunque, anche per i film non manca il pubblico. Perdere il cinema sarebbe un danno un po’ per tutti. Diciamolo, quando piove a Ferrara dove vai? L’altro multisala ha spazi molto più ristretti, qui ce n’è per tutti. Spero che, a prescindere da chi la eserciterà, la gestione del cinema possa proseguire». Giulia non si ferma qui. «Una struttura così grande, se resta vuota – conclude – crea un altro problema a tutta la città».

Nella sala di studio, verso fine mattinata, si raccolgono - un po’ a distanza gli uni dagli altri – diversi giovani. Alex, 28 anni, operatore di cucina, allontana momentaneamente lo sguardo dallo schermo del computer e ricorda che «io e i miei amici veniamo spesso qui, la chiusura del cinema è una brutta notizia. Un impoverimento per questa città». Ma anche per chi vive semplicemente nei dintorni, evidenzia la ventenne Lorja Zhizel, «perché credo che ai residenti faccia comodo avere un luogo vicino dove si trovano dei negozi. E poi qui si fa lezione, tanti ragazzi frequentano i corsi di Unife. Qualche attività potrebbe risentire pesantemente della chiusura del cinema e dell’uscita dell’ateneo». Tra queste c’è il Bar Nives, che ha beneficiato dello spostamento di alcuni corsi universitari a Darsena City. Luca Magnano, 24 anni, esprime un giudizio “solidale”, «perché conosco i dipendenti dell’Uci (una dozzina, otto dei quali strutturati, ndr). Bisogna garantire loro una prospettiva. E anche l’Università deve restare. Per noi il suo ingresso è stato molto positivo». Con i dipendenti di Uci non è facile scambiare qualche parola perché il refrain, anche da parte sindacale, è che «questo è un momento delicato, c’è una trattativa in corso. Bisogna aspettare».

Chi conosce il “mood” riporta comunque qualche apprensione diffusa ma anche una ragionevole speranza che alla fine si trovi una quadra risolutiva. Tra le attività commerciali insediate ci sono Pepco, Tedi, una cartoleria. Roxana (Tedi) fa il tifo per il cinema «perchè porta movimento e qui serve davvero». Paul Temgoud, cassiere di lunga data di “Interspar”, canta le lodi dell’università: «Il suo arrivo è stato una cosa bellissima per noi».

Gi.Ca.

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