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L'indagine

Ferrara, acquistavano anche dai morti. A processo per traffico di rifiuti

Ferrara, acquistavano anche dai morti. A processo per traffico di rifiuti

Contestato a un rottamaio un giro illecito da 5.500 tonnellate di materiale

27 febbraio 2024
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Ferrara “Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”, recita al rubrica dell’articolo 452 quaterdecies del codice penale contestato dalla Direzione investigativa antimafia di Bologna a un’imprenditrice ferrarese, a una sua dipendente e all’azienda da loro amministrata, nei confronti della quali ieri si è aperto il processo a Ferrara.

Secondo l’accusa sostenuta dal procuratore Flavio Lazzarini, l’azienda in questione - impegnata nel settore dell’autodemolizione in provincia - tra il 2016 e il marzo 2020 avrebbe raccolto e trattato abusivamente oltre 5.500 tonnellate di materiali ferrosi e non ferrosi elargendo ai conferitori - tre addirittura risultati essere deceduti anni prima - somme sempre e solo in contanti pari a 1,8 milioni di euro, anche applicando prezzi superiori di alcuni euro rispetto a quelli di mercato.

I rifiuti provenivano da privati senza alcuna autorizzazione al loro trattamento, il materiale non era accompagnato dai prescritti formulari di identificazione e perciò non c’era alcuna tracciatura dei rifiuti stessi che poi l’azienda rimetteva in commercio, rivendendolo come se fosse di provenienza lecita.

Tramite il lavoro svolto dalle due imputate - una nella qualità di amministratrice e l’altra di dipendente - l’autodemolizioni avrebbe ricevuto conferimenti di vario genere: veicoli fuori uso, rame, bronzo, ottone, alluminio, cavi, metalli misti e metalli ferrosi e piombo. Secondo l’accusa vi era un vero e proprio metodo per far apparire conferimenti di ingenti quantità come se fossero piccoli ed estemporanei conferimenti di rifiuti domestici, da circa 30-35 kg: su suggerimento delle persone indagate, il conferimento veniva frazionato, imputandolo falsamente a soggetti diversi, il più delle volte anche a loro insaputa e in alcuni casi anche a persone decedute, riportando la dichiarazione di cessione una firma del “cedente” falsa e in più occasioni relativa ad un soggetto che non aveva fatto la consegna.

Come detto, in alcune occasioni sarebbe stata usata anche l’identità di persone decedute da molto tempo: nel 2019, ad esempio, risultano tre conferimenti effettuati da un uomo di Lagosanto già morto nel 2013; nello stesso anno gli inquirenti hanno trovato cinque dichiarazioni di conferimento emesse da una donna di Portomaggiore deceduta nel 2017 e tra 2017 e 2020 risultano ben 11 dichiarazioni riportanti il nome di uomo bolognese morto nel 2014.

Con questo metodo negli anni l’azienda avrebbe ottenuto un ingiusto profitto, consistito, dice la Dda, nell’aumento indebito dei ricavi patrimoniali, sia nella drastica riduzione dei costi imprenditoriali necessari per l’osservazione della normativa ambientale.

Le indagini ebbero inizio già nel febbraio 2019 con una verifica di routine effettuata dalla Polizia ferroviaria di Ferrara che, a seguito del riscontro di alcune anomalie, aveva richiesto la specifica attività del “nucleo rame” della squadra giudiziaria compartimentale, team composto da personale esperto di normativa ambientale e specializzato nel contrasto nei furti di rame.

Le due imputate sono assistite dall’avvocato Giuliano Onorati, mentre l’azienda è assistita in giudizio dall’avvocato Simone Bianchi. L’udienza è stata aggiornata all’11 aprile. l

Daniele Oppo

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