Tutti in azienda. Smart working: stop dal 31 marzo. Problemi per lavoratori fragili e genitori
Il lavoro agile da casa non più un diritto ma un “benefit” da contrattare con il datore di lavoro
Il 31 marzo prossimo rischia di essere una data molto spiacevole per alcune categorie di lavoratori e lavoratrici, come le mamme e i papà che accudiscono figli under 14 e per questo negli ultimi anni hanno usufruito del diritto al lavoro agile, il cosiddetto “smart working”. A tutt’oggi, infatti, dopo svariate volte in cui lo si è fatto dai tempi del covid, attraverso il decreto legge “Milleproroghe” il governo Meloni non prolunga il diritto a ottenere il lavoro casalingo se si hanno uno o più figli minori di 14 anni. Un peggioramento dell’organizzazione della vita lavorativa e privata, come sa chiunque è alla prese con un figlio adolescenze e le sue incombenze. Ora dunque pare si torni alla prassi normale, alla contrattazione tra azienda e singolo lavoratore nella cornice normativa non emergenziale.
Lavoratori fragili
Occorre fare una premessa prima di dare la parola a chi si occupa di diritto del lavoro, di sindacato e rappresentanza delle imprese. Con la fine dell’emergenza covid (31 marzo 2022) questa formula lavorativa non è più appunto un diritto del dipendente legato alla tutela della salute e della sicurezza di tutti, ma diviene lo strumento per tentare di conciliare meglio la vita lavorativa e quella privata delle famiglie. La situazione dunque si presenta attualmente così, sia nel pubblico che nel privato: lo smart working viene deciso da accordi collettivi e individuali nei quali si stabiliscono i giorni per il lavoro a casa e quelli per il lavoro in presenza.
Peraltro, ma esula da questo articolo, a rischio nel Milleproroghe ci sono anche i diritti per i lavoratori “superfragili” il cui diritto al lavoro agile è “scaduto” nel dicembre scorso. Il Parlamento ha bocciato emendamenti specifici del M5S.
Diritto del lavoro
«Con la fine del mese - spiega il professor Alberto Tampieri, ordinario di diritto del lavoro a Unimore - il lavoro agile smette definitivamente di essere un diritto e rimane la preferenza per alcune categorie in una particolare fase della vita, a esempio mamme o papà con figli under 14. Si lascia un diritto nato in pandemia e si torna nell’ambito delle tutele, tra cui ci sono anche il part-time e il congedo parentale. Ricordo comunque che il lavoro agile come diritto è una eredità della legislazione pandemica anche se se ne parlava già grazie alla legge del 2017: un conto è un diritto e un conto è una priorità, una scelta a livello aziendale con accordi sindacali. Inoltre c’è differenza tra lavoro agile, lo smart working che non è un termine giuridico, e il telelavoro: il primo anche per i dipendenti è senza vincoli di orario dunque in parte assomiglia a quello degli autonomi, l’altro prevede un vincolo di orario e una sede fissa».
Il sindacato
Interviene la Cisl con Sonia Uccellatori, segretaria generale funzione pubblica Emilia Romagna ed Elisa Fiorani, responsabile regionale del coordinamento donne del sindacato. «Intanto - spiega Uccellatori - va ricordato che dal primo gennaio scorso il lavoro agile nel settore pubblico non è più una modalità di tutela di tutti i lavoratori fragili come le mamme con figli minori, e ogni amministrazione ha definito un regolamento nato dalla contrattazione collettiva. Ricordo comunque che circa il 70% delle amministrazioni pubbliche dell’Emilia Romagna dà questa possibilità ai lavoratori e il lavoro agile non può mai essere sotto il 15% dei dipendenti che ne usufruisce. Lo si applica da tempo a esempio nei comuni di Reggio e Ferrara, alla Regione, ad Arpae e numerosi altri enti. Anche le mamme con figli minori ovviamente accedono a questo metodo di lavoro: peraltro la Regione Emilia Romagna, dopo la legge del ’17, è stata la prima a permetterlo. Io penso comunque che vada bene un equilibrio, lavorare a casa vuol dire agevolare la vita e anche migliorare l’ambiente, ma certo mette a rischio un po’ il rapporto tra colleghi e il senso di appartenenza aziendale».
Elisa Fiorani parla del settore privato: «Più che prorogare l’emergenza è utile lavorare strutturalmente per tutelare il lavoro agile delle persone perché certo occorre chiedersi come avere un equilibrio tra vita privata e lavorativa, ma esso non può essere l’unico strumento. Serve flessibilità. Nel merito se, come pare, il 31 marzo non ci saranno altre proroghe torna pienamente la legge 81 del 2017 sullo smart work e il decreto del ’22 che stabilisce accordi tra lavoratori e imprese per le mamme o i papà caregive di figli. In ogni caso pur non essendo un obbligo in circa 300 aziende dell’Emilia Romagna ci sono forme di premialità per le imprese che favoriscono la parità di genere: infatti se un genitore deve smettere il lavoro per accudire un figlio a farlo è quasi sempre la madre».
Associazioni datoriali
Confindustria Emilia dice di non vedere particolari ripercussioni sul territorio di Bologna, Ferrara, Modena per le imprese: «La maggior parte delle associate - spiega Confindustria - in questi ultimi anni ha scelto di inserire delle forme di smart working, che è quindi entrato nei contratti di lavoro» aggiungendo che non ci sarà uno stop definitivo al lavoro agile, modalità che continuerà a essere usata secondo gli accordi stabiliti impresa per impresa. «Fa certo riflettere - termina Confcommercio Ascom Modena - il fatto che lavoratori fragili e con figli minori siano stati di fatto dimenticati, ma va detto che lo smart working, anche nelle imprese del terziario, costituisce ormai una ordinaria modalità di prestazione del lavoro oltre che una leva per rendere l'impresa più attrattiva sul mercato del lavoro. Siamo dunque certi che la via seguita dalle nostre imprese sarà quella di accordi aziendali». l © RIPRODUZIONE RISERVATA