Piazza Cortevecchia a Ferrara, architetti e visioni opposte
Malacarne: «Uno squarcio». Assisi: «Natura al centro»
Ferrara Sul dibattuto tema della nuova piazza Cortevecchia ci sono due correnti di pensiero: i critici e i favorevoli. Tra i primi si iscrive l’architetto ferrarese Andrea Malacarne, esperto nel campo del restauro architettonico e del recupero edilizio. Tra i secondi, invece, troviamo un difensore, l’architetto Mario Assisi, che con lo studio InOut architettura ha elaborato il progetto e che già si è occupato del recupero del parco della Darsena di San Paolo.
Critica
Partiamo con chi critica il progetto, Andrea Malacarne, il cui curriculum comprende anche la presidenza della sezione di Italia Nostra di Ferrara dal 2003 al 2009 e dal 2012 al 2020, facendo anche parte del consiglio nazionale dell’associazione dal 2005 al 2007. «Non condivido l’impostazione di quel progetto - premette -. Il vuoto di via Cortevecchia non è una piazza, ma uno squarcio nel tessuto edilizio antico di un centro storico dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità proprio per la qualità del proprio impianto urbanistico. Che sia uno squarcio lo si vede benissimo percorrendo via Cortevecchia da piazza Trento Trieste: sullo sfondo non si vedono facciate, ma il retro di edifici resi visibili dalla demolizione di edifici preesistenti. Ciò che è in corso di realizzazione, bello o brutto che sia (non voglio entrare nel merito), avrebbe potuto essere realizzato indifferentemente in qualsiasi vuoto della città moderna perché si pone in modo indifferente rispetto al contesto. Io credo invece che in questi casi, soprattutto all’interno di un contesto così delicato, si debba partire dalla storia. Capire cosa manca e perché. Porsi il problema di come ricucire quello squarcio, anche in parte costruendo, se necessario, o utilizzando elementi architettonici come quinte capaci di ricomporre o richiamare, almeno visivamente, ciò che manca». L’architetto lancia alcuni spunti di riflessione: «Stimoli progettuali interessanti potevano essere suggeriti anche dal fatto che fino agli anni ’50 del Novecento parte di quel vuoto era occupato da un edificio commerciale pubblico, la pescheria. Probabilmente sarebbe stata necessaria una riflessione preventiva su quale potesse essere oggi l’uso pubblico di quello spazio più utile per la città. Non credo, da quanto ho letto, che il problema principale di quel luogo fosse il calore. Ma volendo intervenire per ridurre il problema, magari in attesa di poter affrontare seriamente la sistemazione di quel vuoto con soluzioni progettuali adeguate, forse (pur lasciando un attraversamento carrabile) avrei semplicemente tolto l’asfalto per fare un bel prato, sicuramente con minor spesa e con miglior risultato per l’abbattimento del calore». Malacarne allarga poi la riflessione anche al progetto Look-Up: «Si legge in questi giorni dell’intenzione di riqualificare altri dieci luoghi importanti all’interno della città storica: mi auguro che l’approccio dimostri altro spessore e che non si reciti a soggetto come in questo caso».
Difesa
Mentre si trova nel cantiere di piazza Cortevecchia, dove si stanno per concludere i lavori, l’architetto Mario Assisi, ripercorre la genesi del progetto. «Ci siamo attenuti prima di tutto alle richieste del bando comunale - spiega - che voleva creare una piazza al posto di un parcheggio e una superficie ombreggiata e drenante, che permettesse raccolta e accumulo delle acque piovane. Altre caratteristiche: la viabilità del flusso di auto in uscita dal parcheggio Borgoricco, tre posti per persone con disabilità, tre per carico e scarico, lo spazio per i bagni pubblici e l’isola ecologica. Dati questi punti fermi, la domanda che ci siamo posti è stata: come creare un microclima più sostenibile e al contempo un luogo attrattivo? Gli alberi sono stati la risposta. Attorno a loro abbiamo concepito tutto il resto, come i volumi sviluppati in altezza per dare loro il giusto spazio e non toglierne al resto». «L’altra attenzione che abbiamo avuto - prosegue Assisi - è stata quella di creare un dialogo tra la nuova piazza e il resto del centro storico, da qui l’uso del porfido, un materiale nobile che desse una continuità materica con i luoghi circostanti. Un aspetto che poi abbiamo particolarmente curato è la fluidità della piazza, sia nella concezione - dall’alto gli atolli sembrano cerchi concentrici di gocce nell’acqua - sia nell’assenza di ostacoli, gradini e barriere, per renderla accessibile e liberamente interpretabile per una pluralità di usi: dalle distese commerciali, al passaggio che va garantito, fino al ristoro con panchine e una fontana di acqua potabile. Una particolare sfida, che costituisce anche l’aspetto più innovativo, è infine quella del sistema Permavoid - conclude l’architetto -, un brevetto olandese che viene usato qui per la prima volta, e permette di raccogliere l’acqua dei pluviali degli edifici circostanti e ridistribuirla in modo capillare senza bisogno di pompe o elettricità».