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Ferrara, tutti i trucchi dei ladri e quella cantina in corso Piave

Daniele Oppo
Ferrara, tutti i trucchi dei ladri e quella cantina in corso Piave

Contestati 55 furti alla banda del buco: la ricettatrice della refurtiva prende 39 mesi e un predone 4 anni

18 marzo 2024
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Ferrara «Aveva seminato terrore tra Ferrara, Ravenna, Reggio Emilia, Bologna e Modena». Tra 2016 e 2017 la “Banda del buco” composta da 16 persone di nazionalità ucraina e moldava aveva compiuto 55 furti, prevalentemente all’interno di abitazioni, cantine, garage a cui accedevano dopo aver praticato dei buchi. Nel maggio del 2017 una grande operazione dei carabinieri portò alla disarticolazione della gang.

Da poco la giudice Sandra Lepore ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale ha condannato cinque membri della banda, nel processo che ha riguardato il troncone dei ricettatori, in sostanziale aderenza con le richieste fatte a suo tempo dal pm Ciro Alberto Savino.

Due gli imputati che spiccano. Il primo, anzi la prima, è Lyudmyla Zhylkina, una donna ucraina di 62 anni che era importantissima per la banda, condannata a 3 anni e 3 mesi di reclusione e 2.100 euro di multa. Era in una cantina che possiede in corso Piave, in piena Gad, che la banda depositava gran parte della refurtiva, da dove poi ripartiva per i Paesi dell’est Europa, dove veniva rivenduta.

Zhylkina non la gestiva di suo, ma l’aveva locata a Ruslan Zaparanyuk, un uomo che le telecamere di videosorveglianza della zona hanno visto ricevere la merce rubata, considerato «indubbio ricettatore della stessa». Ma la donna sapeva benissimo ciò che accadeva. È stata infatti intercettata mentre chiedeva con una certa apprensione a Zaparanyuk di svuotarla perché era certa che sarebbe arrivata a breve un’ispezione da parte della Polizia locale, che l’aveva chiamata per avere informazioni proprio su di lui, che era affittuario anche di una stanza nel suo appartamento. L’uomo aveva così chiamato altri suoi complici per farsi aiutare a svuotare la cantina. Dopo aver appreso che non vi sarebbe stato alcun accesso diretto al locale, la donna ha richiamato il suo “inquilino” al che quest’ultimo ha richiamato i suoi aiutanti e hanno rimesso tutto nella cantina. Non solo, nella perquisizione in casa, i carabinieri trovarono nella sua stanza da letto della refurtiva sicura: un pc portatile, un navigatore satellitare, occhiali da sole e un portafogli con documenti intestati a un uomo.

Il secondo imputato più importante è Maksim Lobas, un polacco di 41 anni, autore, insieme a un complice giudicato separatamente, di diversi furti compiuti in ora notturna «ai danni di abitazioni private, depredando tutto ciò che vi trovava ed, in particolare, le automobili parcheggiate nelle loro adiacenze e quanto contenuto all’interno di esse». La condanna per lui è di 4 anni di reclusione e 2 mila euro di multa (per alcune imputazioni è arrivato il non luogo a procedere perché trattasi di reati divenuti procedibili a querela, che mancava, con la Riforma Cartabia).

Per i colpi si avvaleva sempre di un basista locale che gli indicava le zone più ricche e dove agire. Indicativa nei suoi confronti è una delle prove portate in tribunale: un sms con scritto “Scarsellino”, invitato al complice Aliiev Vitali. Le celle telefoniche dei cellulari in uso ai due uomini, proprio quel giorno, il 26 giugno del 2016, avevano agganciato la cella di via Francesco Casetti a Finale Emilia, luogo dove poco prima erano stati compiuti dei furti e, non è un caso, il raid predatorio riguardò anche la vicina via Scarsellino, nell’abitazione di una donna. Rubava e ricettava, Lobas: nel settembre del 2016 i carabinieri lo identificarono insieme ad altri due uomini dopo che avevano aperto con il telecomando una Opel Astra che era stata rubata a metà luglio e che aveva destato l’interesse dei militari perché aveva il deflettore lato guida rotto, per cui la tennero d’occhio. All’interno del veicolo c’era anche un navigatore satellitare rubato.

Minori gli altri imputati condannati: Mihail Balan, moldavo di 30 anni, trovato in possesso di una delle bici rubate dalla banda e condannato a 6 mesi di reclusione e 400 euro di multa (pensa non sospesa); e Ivan Anghel che aveva un Golf rubata, varie tessere (anche dell’Avis) di persone terze, nonché svariati oggetti in oro di dubbia provenienza (ma senza contestazione sul punto): per lui un anno e mezzo e 400 euro di multa.

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