La Nuova Ferrara

Ferrara

L’episodio

Bimbo morto in via degli Ostaggi a Ferrara. La madre «una donna disperata»

Bimbo morto in via degli Ostaggi a Ferrara. La madre «una donna disperata»

La perizia psichiatrica: «Personalità borderline, capacità attenuata»

12 aprile 2024
3 MINUTI DI LETTURA





Ferrara Sulla responsabilità sarà la corte d’assise a doversi esprimere. Intanto l’udienza di ieri ha restituito uno spaccato di vita tragico che fa da sfondo e da contesto alla vicenda del bimbo di un anno trovato senza vita nel letto il 17 giugno del 2021, in un’abitazione di via degli Ostaggi, e per la cui morte è a processo la madre, una donna di 31 anni, per omicidio volontario (assistita dagli avvocato Alessio Lambertini e Marcello Rambaldi). Una storia che fa percepire come una tragedia ne contenga spesso un’altra, enorme, silente per i più spesso pronti a giudicare senza sapere, senza comprendere. È la storia di una donna che ha lottato per la maggior parte della sua vita contro un destino - chiamiamolo così - che le ha regalato un padre tossicodipendente che l’ha abbandonata che era bambina, per farsi un’altra famiglia. Le ha regalato un secondo compagno della madre, anche lui con problemi di abuso di alcool, che alzava le mani. Le ha regalato una scappatoia a 15 anni nei primi abusi seri di alcol e droghe, tanto da finire anche lei al Sert. Le ha regalato una vita di abbandoni plurimi e di eccessi, nella quale si è ritrovata anche a lavorare, da madre - tre volte madre - in un night club per la gioia altrui, pur di avere un po’ di guadagno, ma anche a raccogliere la frutta come le brave e povere ragazze che si danno da fare in modo "onesto". Le ha dato la voglia di scappare via, come quando cercò di tagliarsi le vene, nel 2019, e non riuscendoci andò dal suo compagno, il padre del bimbo, e gli chiese di fare lui per lei. Le ha regalato una caduta costante nel vortice di droga e alcol ogni volta che ha provato anche a rialzarsi, con il supporto magari troppo blando e limitato, e forse nel loro massimo sforzo, dei servizi sociali. Anche il giorno della tragedia aveva bevuto tantissimo, tre bottiglie di Prosecco da pochi euro. Era fatta, aveva un tasso elevatissimo di cocaina nel sangue. Era esasperata, lo si capisce bene da un messaggio che aveva inviato il giorno prima alla madre, non dormiva perché il bambino stava mettendo i denti e piangeva sempre. Il prof. Renato Ariatti, ordinario di psichiatria a Bologna che con lo psicologo Marco Samory ha eseguito la perizia psichiatrica sulla donna ordinata dalla corte d’assise, ha parlato ieri in udienza di un «sequenza disastrosa di eventi di vita», che «favoriscono lo sviluppo di una personalità disturbata», in una «persona pluritraumatizzata» che necessità di cure costanti. Accertato il disturbo borderline, fatto di eccessi, esacerbati dalle sostanze. Sulla sua capacità di intendere e volere al momento del fatto, gli esperti dicono che fosse «attenuata, in un gradiente a ponte fra il lieve e il moderato, rispetto ad una concetto convenzionale di "piena normalità", ma senza raggiungere quel valore di infermità tale da soddisfare il criterio di "capacità grandemente scemata" che identifica il vizio parziale di mente». E quando ha detto di volersi uccidere anche lei, di averlo voluto portare via con sé perché altrimenti sarebbe rimasto solo in questo mondo, era «una donna disperata, che fa un bilancio». Quel bilancio, mai più ripianabile nel debito di vita creato, volontariamente o meno (su questo ha reso dichiarazioni discordanti in corso d’indagine e oggi afferma di non ricordare), voleva chiuderlo: «Sparatemi, sparatemi», ripeteva ai carabinieri intervenuti quella mattina di giugno. Il 16 maggio l’assise si riunirà di nuovo per la discussione e la sentenza.