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Il processo

Investita a Ferrara, ora è invalida

Daniele Oppo
Investita a Ferrara, ora è invalida

Un automobilista 70enne accusato di lesioni stradali. La ragazza venne travolta sulle strisce in via Caretti

15 aprile 2024
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Ferrara Che fosse in gravi condizioni lo si era capito da subito. Finì in coma, in prognosi riservata. Oggi, a distanza di circa un anno e mezzo dall’incidente, la ragazza travolta da un automobile mentre si trovava in bici in via Lanfranco Caretti è invalida al cento per cento per via dei posti gravissimi lasciati dalle fratture al cranio e alle ossa della faccia. Di anni, oggi, ne ha diciannove, compiuti proprio da pochi giorni. Dal 22 settembre del 2022 la sua è una delle tante, troppe vite rovinate da un’automobile, da una distrazione, da una velocità non adeguata.

Il processo

Quell’incidente, che tanto colpì anche l’opinione pubblica: ieri ha iniziato il suo seguito giudiziario, con l’udienza predibattimentale del processo a carico del conducente dell’auto che travolse la ragazza, un uomo ferrarese settantenne. La famiglia della giovane - il padre che ne divenuto anche amministratore di sostegno e la madre - si è costituita parte civile, assistita dall’avvocato Giampaolo Remondi. L’imputato, accusato del reato di lesioni stradali, ha invece chiesto un rinvio per poter accedere alla messa alla prova. Nella prossima udienza, fissata per il 23 settembre (una data che cade quasi nell’anniversario dell’incidente), dovrà presentare il programma la cui idoneità andrà valutata dal giudice. In caso affermativo, come è altamente probabile, il procedimento verrà sospeso fino alla conclusione del percorso di messa alla prova, il cui esito positivo porterà all’estinzione del reato. Nel mezzo vi sono le interlocuzioni, che vanno avanti, con la compagnia assicurativa per quantificare compiutamente il danno da risarcire, per il quale è comunque già stata versata una caparra.

L’incidente

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti e della Procura di Ferrara, il gravissimo incidente è avvenuto a causa dell’eccesso di velocità da parte dell’automobilista, che il pomeriggio di quel 22 settembre era alla guida di una Nissan Qasqhai, un modello chiamato “crossover” perché è un incrocio tra una classica auto berlina media e un più grande Suv. Si può solo immaginare cosa produca l’impatto di un’auto di questo tipo con una bicicletta. Quella sulla cui sella vi era la ragazza di diciassette anni si trovava sull’attraversamento pedonale di via Caretti, in uscita dalla ciclabile protetta e che andava da destra verso sinistra rispetto al senso di marcia della Nissan. L’attraversamento, lo specifica anche la procura nel suo capo d’accusa, è segnalato più volte, sia con la segnaletica verticale che con quella orizzontale e anche con un rallentatore ottico. L’auto però correva troppo e nemmeno il disperato tentativo di frenata è servito a evitare il terribile impatto. Secondo quanto era stato ricostruito già al tempo dell’incidente, nell’impatto la ragazza è stata dapprima caricata sul cofano dell’auto e poi sbalzata lontano, a qualche metro di distanza, mentre la bicicletta è stata proiettata dall’altro lato della strada dove vi era un velobox. Tra i primi ad intervenire sul posto fu una dipendente in quel momento fuori servizio della Croce Rossa che abita poco distante, e che ha lanciato l’allarme chiamando il 118, immediatamente intervenuto.

La madre scoprì per caso quanto avvenuto, riconoscendo la bici della figlia mentre passava a sua volta in via Caretti, circa mezz’ora dopo l’incidente.