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In tribunale

Ferrara, accusato di pedopornografia. L’imputato: «Non ho fatto nulla»

Daniele Oppo
Ferrara, accusato di pedopornografia. L’imputato: «Non ho fatto nulla»

Un uomo a processo per aver adescato sul web una tredicenne

18 aprile 2024
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Ferrara Una negazione totale. «Non riesco a darmi una spiegazione» delle accuse, del racconto di quella ragazzina che costituisce la base del processo che lo vede imputato di reati tra i più gravi: adescamento di minorenni e produzione di materiale pedopornografico a danno di una persona minore di 14 anni. Alla sbarra davanti al tribunale in composizione collegiale vi è un uomo di 49 anni, che ieri mattina si è sottoposto all’esame e ha risposto alle domande del pm Marco Imperato della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, competente per materia a trattare questo genere di reati, del collegio e dei suoi avvocati (i legali Giampaolo Remondi e Alberto Bonatti). Per l’accusa, nel 2018 avrebbe allacciato un rapporto di natura sessuale con una ragazzina di 13 anni, architettando una specie di trappola per adescarla: prima, infatti, l’avrebbe contattata su Instagram utilizzando un account falso, tramite il quale avrebbe iniziato a giocare, sfidandola a contattare un adulto (ovvero sé stesso) e poi a proseguire la conversazione anche quando questa aveva iniziato a sfociare in messaggi e richieste di natura sessuale. In questo rapporto vi sarebbe stato un reciproco scambio di foto esplicite (non ritrovate, anche perché sarebbero state cancellate dalla stessa vittima). Dal virtuale il rapporto sarebbe stato a un passo dal trasferirsi al reale, con un invito a recarsi a casa dell’uomo. Qui il salvifico intervento di un’amica della persona offesa avrebbe interrotto tutto: sarebbe stata lei a convincerla a non accettare e a parlarne con sua madre. Proprio l’amica è stata sentita come testimone ieri mattina per raccontare del colloquio organizzato tra i suoi genitori e la madre della persona offesa in merito a quanto stava accadendo. «Hai salvato mia figlia», le ha detto la donna. Poi sono state sentite due maestre, ed è grazie a loro che è partita l’indagine. Nel corso di un colloquio pre-scuola del novembre 2018 con la mamma della persona offesa (per sua sorellina) una delle maestre le ha chiesto come stesse la sua ex alunna. La madre a questo punto ha rivelato le difficoltà che sua figlia stava vivendo a scuola e per via di quel rapporto. Le maestre l’hanno fermata, ricordandole che in quella veste erano pubbliche ufficiali e dopo hanno compilato una relazione, consegnata poi al dirigente scolastico che ha attivato i carabinieri. È toccato poi all’imputato rispondere. E le sue sono state tutte negazioni: non conosceva, prima del procedimento penale, quella ragazzina se non di vista, non ha mai avuto contatti con lei, mai l’ha chiamata al telefono, non sa spiegarsi come mai i tabulati mostrino delle chiamate notturne tra un numero a lui intestato e quello della ragazzina, ha negato di aver mai fatto sparire alcun telefonino (quello associato alle chiamate era diverso da quello trovato a casa sua nel corso della perquisizione, ndr), negazione assoluta dello scambio di foto intime. Ha spiegato anche il motivo per cui sono state trovate sue foto intime in uno dei suoi computer: erano un “ricordo” di un’operazione subita. «Posso giurare sui miei figli, e ne ho quattro. Sono certo di cosa sono come persona e a pensare che qualcuno possa contattare una ragazzina di 14 anni mi viene la pelle d’oca, è una cosa che come genitore non concepisco». L’udienza è stata aggiornata al 6 giugno, quando ci sarà la discussione e verosimilmente la sentenza.